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«La Terra vista dallo spazio? È veramente piccola e fragile». Parla Sigmund Jähn, il primo cosmonauta tedesco

Redazione Spazio70

Da un numero della «Rivista della RDT - Mensile della Repubblica Democratica Tedesca» (1979)

DOMANDA: Caro Sigmund Jähn, il suo viaggio nel cosmo risale ora a più di un anno fa. Molti dei nostri lettori hanno seguito a suo tempo il suo volo e letto gli articoli relativi apparsi sul nostro periodico. Con quali emozioni ripensa ora al suo esperimento cosmico?

RISPOSTA: Per me il volo è stata una grande esperienza, che mi ha impegnato molto e che mi ha estremamente colpito. Molto spesso e volentieri ripenso a esso. Quando oggi rifletto a quell’avvenimento posso valutare come a distanza di un anno l’importanza complessiva del mio volo nel quadro del programma Intercosmos diventi per me sempre più evidente. Com’è noto, nel giugno del 1976 l’Unione Sovietica ha proposto ai nostri paesi, i paesi della comunità degli Stati socialisti, di prendere parte a voli spaziali con equipaggio umano. Di conseguenza è stato messo in cantiere un vasto programma di dimensioni internazionali, un programma di amicizia e di collaborazione paritetica nel cosmo. I nostri esperimenti spaziali dimostrano non solo l’alto livello raggiunto dalla scienza e dalla tecnica del socialismo, ma sono inequivocabilmente finalizzati al benessere dei nostri popoli. Il fatto che l’Unione Sovietica dia agli altri Stati socialisti, quindi anche alla nostra RDT, la possibilità di condurre ricerche nello spazio dimostra ancora una volta l’essenza internazionalista profondamente radicata nello Stato sovietico e fornisce un esempio di soluzione aderente ai principi del socialismo dell’imperativo indifferibile della epoca attuale, la collaborazione tecnico-scientifica tra gli Stati.

«IN ORBITA IL SOLE SORGE E TRAMONTA 16 VOLTE AL GIORNO»

Il simbolo del programma «Intercosmos» che vide coinvolto Jähn

D: Durante il volo nello spazio che rapporti ha intrattenuto con i suoi compagni sovietici?

R: La mia partecipazione ha rappresentato il terzo volo con equipaggio internazionale. Ho avuto la fortuna di lavorare assieme con Waleri Bykowski, un cosmonauta russo esperto e conosciuto. Per lui, come egli ha affermato, è stata una gran cosa volare assieme con un cittadino della Repubblica Democratica Tedesca, e non solo volare, ma anche concretizzare nel cosmo l’amicizia e la collaborazione tedescosovietica. Io pure ho provato le stesse sensazioni. Penso anche con ammirazione e apprezzamento, per la sua opera, all’equipaggio della stazione orbitale «Saljut 6», che è diventato nel cosmo quello principale. Si tratta dei compagni Kavalënak e Ivanchenkov. Entrambi i cosmonauti sovietici, quando siamo arrivati da loro come ospiti per una settimana, erano già nello spazio da circa 80 giorni e fino a quel momento avevano già svolto una mole enorme di lavoro. Essi ci hanno ricevuto con particolare piacere e ci hanno aiutato nell’esecuzione del nostro programma di lavoro in misura notevole.

D: Quale esperienza fatta durante il suo volo spaziale è rimasta particolarmente impressa nella Sua memoria?

R: Ovviamente molte cose mi hanno colpito profondamente; soprattutto le conoscenze scientifiche vengono messe a confronto con i fenomeni estremamente inaspettati che si verificano durante lo svolgimento di tutti i compiti previsti da un volo cosmico. Ho fatto l’esperienza che mentre si è in orbita attorno alla terra il sole sorge e tramonta 16 volte al giorno. Una delle fasi più delicate, durante la quale è richiesto l’intervento attivo dell’uomo, è l’avvicinamento e l’aggancio; l’aggancio a due navicelle spaziali resta pur sempre uno dei problemi più complicati nella realizzazione del programma. Poco prima dell’agganciamento alla stazione siamo entrati nella zona d’ombra della terra e si potevano vedere solo le luci di segnalazione e orientamento della stazione orbitale. Entrambe le capsule avevano una velocità di 28 mila km/h. La manovra è stata eseguita con estrema precisione. Ci siamo agganciati alla stazione con una velocità di avvicinamento molto ridotta. Eravamo tutti e due fradici di sudore e soddisfatti, perché ora potevamo finalmente iniziare lo svolgimento del compito principale del volo, la realizzazione del programma sulla base spaziale.

«AUSPICO CHE IL TRATTATO SALT 2 PORTI A RISULTATI POSITIVI PER L’UMANITÀ»

D: La sua vita è sotto molti punti di vista strettamente collegata con l’Unione Sovietica. Da un punto di vista politico quale significato attribuisce all’amicizia con l’Unione Sovietica?

R: Per quanto riguarda me stesso direi che l’amicizia con l’Unione Sovietica ha sempre avuto un grande ruolo nella mia vita. Ho spesso intrattenuto contatti personali con cittadini sovietici e ho potuto notare una profonda concordanza non solo nelle concezioni e nelle aspirazioni, ma anche nei comportamenti concreti. Da un punto di vista politico vorrei sottolineare come le relazioni tra i nostri due Stati, come quelle con gli altri paesi socialisti, sono contraddistinte dall’aiuto reciproco, dall’amicizia e dalla collaborazione paritetica. L’Unione Sovietica ci ha sempre messo a disposizione senza condizioni, e qui alludo non solo ai primi anni dopo la guerra, le sue vaste esperienze per il superamento dei problemi politici ed economici. Attualmente i nostri paesi sono strettamente e profondamente integrati nei settori più diversi. Vorrei a questo punto sottolineare come grazie a questa collaborazione si rafforza la capacità della RDT di garantire su basi stabili un alto tasso nello sviluppo tecnico-scientifico, economico e culturale. Di conseguenza possono venire realizzati in modo sempre più esteso e armonico i grandi vantaggi e le potenzialità insite nel socialismo. Questa comunanza di obiettivi con l’Unione Sovietica ci agevola la soluzione degli attuali problemi storici e politici e nello stesso tempo ci garantisce una prospettiva sicura. Insomma, sulla Terra la nostra amicizia si è concretizzata in mille modi e ha infine aperto anche alla RDT la via per il cosmo.

D: Lei è ufficiale dell’Esercito Nazionale Popolare. Perché ha scelto questa professione?

R: Ho scelto la professione di ufficiale perché allora, negli anni cinquanta, la tensione degli equilibri di classe internazionali esigeva da parte dei giovani della mia classe di età una decisione. La nostra RDT si doveva difendere da una minaccia pericolosa. Chi appoggiava coscientemente e con convinzione la via dello sviluppo del giovane Stato doveva essere preparato e battersi anche con le armi per le proprie convinzioni. E come allora noi lo comprendemmo anche oggi lo comprendono i giovani del nostro paese. Per gli appartenenti a un esercito socialista la pace è il massimo bene; essi odiano la guerra e le forze che la preparano e che vorrebbero farla scoppiare. Allora come oggi qui da noi la professione dell’ufficiale è un lavoro necessario e rispettato. Necessario perché le forze più aggressive dell’imperialismo accelerano in modo spropositato la corsa al riarmo. Auspico di tutto cuore che la conclusione del trattato SALT 2, verso il quale abbiamo nutrito tante speranze, porti a risultati positivi e benefici per l’umanità.

«SERVONO GRANDI SFORZI PER ALLONTANARE L’INFERNO DI UNA DISTRUZIONE ATOMICA»

D: Nonostante la nostra politica di pace e i risultati conseguiti nel processo di distensione i circoli imperialisti non desistono dalle campagne diffamatorie contro i paesi socialisti. Cosa ne pensa al riguardo?

R: Sì, sono al corrente che molti mezzi di comunicazione imperialisti inventano sempre nuovi racconti terrificanti sulla supposta minaccia dall’oriente, tirando fuori le menzogne più stupide e insensate. Sono convinto che le campagne di opinione messe in moto servano allo scopo di rendere più docili e arrendevoli i cittadini dei paesi non socialisti nei confronti della corsa al riarmo e dei preparativi aggressivi della NATO. Ma per quanto astute possano essere le menzogne rimane un dato di fatto concreto: la pace ha la sua terra di origine in oriente.

D: Dunque in quanto cosmonauta e ufficiale Lei sta in prima fila anche nel movimento mondiale per la pace.

R: A me è stato concesso di osservare la nostra Terra dallo spazio e posso affermare nel vero senso della parola che essa è veramente piccola e fragile. Si tratta quindi di conservare questo nostro pianeta per tutti i popoli, di farne una dimora ospitale per tutti. Ogni popolo ha il diritto di organizzare il suo futuro nel proprio territorio con un lavoro pacifico e in concordia con i popoli confinanti. Penso che siano necessari grandi sforzi per impedire una nuova guerra mondiale e per allontanare l’inferno di una distruzione atomica che causerebbe ai popoli di tutti i continenti devastazioni raccapriccianti. Forse che non è anche nell’interesse di tutti gli uomini lavoratori intensificare le iniziative per il consolidamento della pace?