logo Spazio70

Benvenuto sul nuovo sito di Spazio 70

Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
Buona lettura e non dimenticare di iscriverti sulla «newsletter» posta alla base del sito. Lasciando un tuo recapito mail avrai la possibilità di essere costantemente informato sulle novità di questo sito e i progetti editoriali di Spazio 70.

Buona Navigazione!

Chi era Erich Honecker? Ritratto a colori dell’uomo del Muro

Redazione Spazio70

La DDR accolta nella grande famiglia delle nazioni all’Onu e al tavolo della storica conferenza per la cooperazione e la sicurezza in Europa, nel 1975 a Helsinki, rappresenterà il punto più alto della parabola politica del leader tedesco-orientale

di Gianluca Falanga*

Non era un Dubček, il malinconico comunista «dal volto umano», ma nemmeno un grottesco vassallo veterostalinista come Todor Živkov, che offrì la Bulgaria al Cremlino come sedicesima repubblica sovietica. Erich Honecker, capo politico della DDR degli anni settanta e ottanta, è una figura difficile da inquadrare e decifrare, come dirigente politico e come uomo, se non ci si vuole fermare a ciò che ne fecero l’iconografia di Stato e partito e le rappresentazioni dei media occidentali.

Pur avendo goduto a lungo di un potere assoluto e incontrastato ai vertici di uno Stato, Honecker è passato alla storia come un dittatore di basso profilo, sbiadito ed esanime, incapace di grandi atti di portata storica, retoricamente scarico (ma è indimenticato l’insulso frasario socialista declamato con la sua inconfondibile vocetta stridula), ideologicamente piatto e politicamente immobile, un mediocre insomma, povero di emozioni e formato, inadeguato alla posizione di prominenza occupata e comunque capace di conservarla per quasi vent’anni, il prototipo del freddo burocrate, discreto usurpatore del potere, un esemplare da manuale dell’incolore apparatcik perfettamente inserito nella cornice di cadaverica staticità di un gruppo dirigente incarnazione dei tratti asfissianti e paranoici del regime tedesco-orientale.

LA CANONIZZAZIONE ICONOGRAFICA DI UN DITTATORE

Ritratto ufficiale di Honecker nell’ufficio del comandante della prigione della Stasi di Berlino-Hohenschönhausen

Il profilo, sia chiaro, è tutt’altro che banale: la lotta antifascista clandestina nella Saar, dieci anni di prigionia nelle carceri naziste (le stesse dove poi terrà imprigionati migliaia di detenuti politici della DDR), l’agitazione alla testa della Gioventù comunista nella Berlino della montante Guerra fredda e la regia dell’Operazione Rose, la costruzione del celeberrimo Muro, che fece continuamente ammodernare senza mai cedere sull’indiscutibile necessità di sparare ai fuggitivi; e poi il punto più alto della sua parabola politica, la sua DDR riconosciuta nel mondo, accolta nella grande famiglia delle nazioni rappresentate all’Onu e al tavolo della storica conferenza per la cooperazione e la sicurezza in Europa, nel 1975 a Helsinki, fino al tappeto rosso a Bonn, primo e ultimo capo di Stato tedesco-orientale in visita ufficiale nell’altra Germania. Infine, l’ostinata resistenza contro la Perestrojka gorbačëviana e l’autodifesa davanti al tribunale di Berlino, quando accusato di omicidio plurimo alle frontiere, disse che il suo Muro aveva evitato la terza guerra mondiale e fatto meno vittime degli americani in Vietnam o del disagio sociale nel capitalismo. Il processo non arrivò a sentenza perché il cancro se lo stava portando via e non si può sottoporre a giudizio un uomo quando la sua morte è così vicina senza violarne la dignità umana, diritto che spetta a tutti, anche a un dittatore.

Ma perché è tanto difficile scorgere l’uomo sotto il cerone dei ritratti ufficiali che vigilavano sulla vita pubblica e le coscienze, appesi in ogni ufficio, fabbrica e camera d’interrogatorio del paese? La canonizzazione iconografica di Honecker fu un decennale processo di progressivo scolorimento umano attraverso l’appiattimento della persona, con la sua individualità, le sue incoerenze e la sua storia, sul funzionario e dirigente comunista secondo il protocollo ideologico del regime. Questo processo raggiunse il suo pieno compimento con le memorie pubblicate nel 1981, la cui stesura fu affidata ai funzionari di una dozzina di uffici del Comitato centrale del partito Sed e dell’Istituto di Marxismo-Leninismo. La stilizzazione impose correttivi e limature al vissuto, rimuovendo naturali contraddizioni, passaggi indesiderati, per tirare una linea biografica coerente. Si intervenne sul passato come sul presente. Per esempio, ripulendo le scorie piccoloborghesi dalle sue origini familiari per garantirne il carattere limpidamente proletario. E per non guastare il quadretto pervaso dalla più lucida e salda coscienza di classe che da generazioni sarebbe stata propria degli Honecker, la scure della damnatio memoriae si abbatté sul fratello più giovane di Erich, Karl-Robert, reo di aver preferito la gioventù hitleriana a quella comunista, arruolandosi poi con entusiasmo in Marina, come già aveva fatto il padre nella Prima guerra mondiale, e trovando la morte nel 1947, ventiquattrenne, per una malattia contratta in Africa. Di lui sono state bruciate tutte le foto e le lettere dal fronte.

GLI INTERROGATORI DI FRONTE ALLA GESTAPO E LA «BORSA ROSSA» DI MIELKE

La borsa rossa ritrovata dopo la caduta del Muro in una cassaforte nell’ufficio di Mielke contenente i verbali di interrogatorio di Honecker effettuati dalla Gestapo (la borsa rossa è esposta al Museo della Stasi)

I grattacapi più grossi li presentava però la costruzione agiografica dell’irriducibile militanza comunista, che invece non era stata sempre impeccabile. Rientrato in Germania da Mosca, dove nel 1931 aveva ricevuto l’obbligatoria formazione dei funzionari comunisti alla Scuola del Comintern (fucina di quasi tutti i dirigenti politici che governeranno i regimi filosovietici del secondo dopoguerra), nel 1933 Honecker si unì alla resistenza clandestina, venendo arrestato ai primi di dicembre del 1935. Sotto interrogatorio (a quanto pare senza subire torture) fornì alla Gestapo informazioni che portarono all’arresto di un corriere e all’annientamento dell’intera cellula clandestina di cui faceva parte. Alla caduta del Muro, si scoprirà che il capo della Stasi Erich Mielke aveva fatto recuperare i verbali di quegli interrogatori che attestavano il comportamento non eroico di Honecker di fronte alla polizia segreta nazista e se li era tenuti per anni nascosti, non è chiaro con quale intento, dentro una borsa rossa, ritrovata dalla magistratura nel suo ufficio nel dicembre 1989.

In prigione, contrariamente a quanto si legge nelle memorie del 1981, Honecker non respinse sdegnato ogni collaborazione coi carcerieri nazisti, rifiutandosi di firmare la richiesta di grazia, ma la presentò per ben due volte, nel 1939 e nel 1942, senza fortuna. Di più: l’anno dopo, intraprese una relazione intima con una
secondina, Charlotte Schanuel, che addirittura sposò nel 1946. La prima moglie di Honecker accompagnava alla ghigliottina i detenuti politici (molti antifascisti) condannati a morte. I testimoni di nozze non furono due compagni di partito, com’era uso per i comunisti, ma altre due ex guardie del penitenziario nazista.

Per il bene della sua carriera di dirigente, il matrimonio durò appena qualche mese, la morte prematura della donna per un tumore gli consentì di uscire allo scoperto e guadagnarsi rapidamente un posto nella gerarchia del nuovo partito marxista-leninista Sed, appena costituito, come voleva Stalin, dalla fusione di comunisti e socialdemocratici. Sulla «macchia» del primo matrimonio calò il sipario dell’oblio. Per mettersi in linea con la morale di partito e consolidare la sua posizione, si legò immediatamente alla compagna funzionaria Edith
Baumann, che gli diede la sua prima figlia Erika, ma i continui tradimenti suggeriscono che Honecker fosse tutt’altro che casa e partito o disinteressato ai piaceri della vita e alle donne, come induce a credere la sua asfittica immagine pubblica degli anni a venire.

LA SEPARAZIONE DA MARGOT FEIST E L’ESILIO DALLA REALTÀ

Margot Feist e Erich Honecker

Nel dicembre 1949, pochi giorni dopo il suo secondo matrimonio, conobbe a Mosca, ai festeggiamenti per il settantesimo compleanno di Stalin, la giovane Margot Feist, all’epoca dirigente dell’organizzazione dei giovani pionieri Thälmann e oggetto del desiderio di tanti compagni nell’ambiente dell’alta nomenclatura. Honecker portò avanti le due relazioni in parallelo fino a che Margot rimase incinta della seconda figlia Sonja e la Baumann chiese l’intervento nientemeno che di Ulbricht per costringere il marito a chiudere con Margot. Contro il volere del partito, Honecker si decise per quest’ultima.

Margot Honecker diventò in seguito l’odiata first lady della DDR. Nel ruolo di ministro dell’Educazione del Popolo esercitò la regia dell’aggressivo indottrinamento di massa delle giovani generazioni, sotto la sua responsabilità ricadevano la gestione dei criminali centri di rieducazione per minori renitenti e il sistema delle adozioni forzate dei figli di detenuti politici. L’unione di Erich e Margot fu regolarizzata con un terzo matrimonio in sordina a metà degli anni cinquanta e i certificati di nozze manipolati perché non risultasse che Sonja era nata da una relazione extraconiugale.

Nel 1970, alla vigilia della nomina di Honecker a segretario generale del partito, il matrimonio era già scoppiato, il divorzio fu tenuto segreto, i documenti eliminati, sotto massicce pressioni Margot accettò di restare accanto all’ex marito, fingendo una regolare vita coniugale, e lo fece fino alla morte di Honecker, nel 1994, a Santiago del Cile. Chi l’ha conosciuta da vicino, come gli agenti della scorta della Stasi che l’accompagnava ovunque, dice che la donna mal sopportasse la prigione dorata della vita che conducevano i massimi dirigenti del regime nella colonia residenziale protetta di Wandlitz e che ogni tanto sfuggisse alla scorta per scappare a Berlino. Mielke la fece spiare, pedinare e intercettare per anni, per scoprire quali fossero le sue frequentazioni amorose.

Anche per Honecker la vita controllata e separata di Wandlitz assunse sempre più il carattere di un esilio dalla realtà. Quando negli anni ottanta le condizioni economiche della DDR cominciarono a farsi drammatiche e il pentolone del malcontento popolare entrò in ebollizione, Honecker aveva ormai perduto qualsiasi contatto con la realtà politica e sociale del paese, da anni viveva isolato dalla vita vera, dai problemi che non voleva vedere e che il sistema lo aiutava a perdere di vista, schierando folle osannanti lungo le strade che attraversava e riempiendo di merci i negozi davanti ai quali sfilava. Villaggi Potëmkin che l’ultimo Honecker finì per scambiare per la realtà. Il suo testardo diniego di aprire alla fame di riforme della popolazione ultimò la saldatura fra la sua persona e la funzione, facendo del suo volto la triste e grigia icona di un regime fallito e umiliato dalla storia. Chi arriva tardi sarà punito dalla vita, gli disse Gorbačëv in occasione della sua storica visita a Berlino per l’ultimo compleanno della DDR nell’ottobre 1989. Due settimane dopo il partito si liberò di lui come di uno scomodo cadavere. E Honecker cominciò a morire. Nel disprezzo generale, abbandonato anche dal Cremlino, che lo consegnò alla giustizia di Bonn.

Come la sua DDR.

 

* Storico e ricercatore, Falanga ha pubblicato numerosi lavori sulla Stasi e la DDR. Il suo ultimo libro – Non si parla mai dei crimini del comunismo – è uscito poche settimane fa per Laterza.