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La Stasi e l’impero occulto della SED. Il caso KoKo

Redazione Spazio70

La sezione «KoKo», diretta da Alexander Schalck-Golodkowski e controllata dalla Stasi, fu uno degli strumenti occulti della DDR per ottenere valuta estera e mantenere in vita l’economia socialista. Attraverso società di facciata in Occidente, conti offshore e traffici internazionali, KoKo costruì un impero parallelo che intrecciava politica, intelligence e affari. Un sistema segreto che rivelava le contraddizioni profonde della SED e del socialismo reale

di Gianluca Falanga

La Sezione di Coordinamento Commerciale, meglio noto sotto la sigla KoKo (dal nome esteso tedesco Bereich Kommezielle Koordinierung), diretta dal funzionario economico Alexander Schalck-Golodkowski, fu uno degli strumenti più segreti e al contempo economicamente incisivi e rilevanti della Repubblica democratica tedesca (RDT) per la raccolta di valuta estera. Si trattava di una struttura che operava all’ombra del sistema economico ufficiale e, pur essendo formalmente incardinata presso il Ministero del Commercio estero della RDT, era strettamente collegata, infiltrata e controllata dal Ministero per la Sicurezza di Stato (Stasi). Schalk-Golodkowksi, segretamente ufficiale della Stasi in missione speciale col rango di colonnello, rispondeva direttamente al capo della SED e dello Stato tedesco-orientale, Erich Honecker.

Attivo fin dagli anni Cinquanta in posizioni chiave, il berlinese Alexander Schalck-Golodkowski, classe 1932, era uno dei funzionari della SED con maggiore confidenza con gli Occidentali, intrattenendo rapporti con una vasta rete internazionale. Nel 1966, divenne direttore della struttura KoKo. Era considerato un tecnocrate capace e determinato, con accesso esclusivo ai più alti livelli della dirigenza del Partito-Stato della RDT. Ciò nonostante, rappresentava un tipico prodotto delle nomenclature che dirigevano gli apparati governativi della Germania orientale: fedele alla linea, pragmatico, efficiente sopra la media. Contemporaneamente, fu per anni operativo per la Stasi col come in codice Schulze. Si muoveva con immunità diplomatica e ampi poteri nei mercati finanziari occidentali, mantenendo contatti con banche, intermediari, importatori e industriali, anche aggirando la diplomazia ufficiale della RDT.

L’IMPERO «KOKO»

Alexander Schalck-Golodkowski in una foto di fine anni Ottanta (fonte: Archivio federale tedesco)

La sezione KoKo fu fondata nel 1966 con l’obiettivo di generare riserve di valuta estera supplementari al di fuori dei canali ufficiali del commercio estero. A tal fine, fu creata un’ampia rete di società controllate dallo Stato tedesco-orientale e loro rappresentanze estere, in particolare nella Germania Ovest, in Austria, Svizzera, Paesi Bassi, Belgio e Liechtenstein. Queste imprese agivano legalmente in modo indipendente, ma erano soggette all’influenza diretta della struttura KoKo e della Stasi. Le principali e più note fra queste imprese erano la IMES GmbH, società di import-export con sede a Berlino Ovest, specializzata nell’aggiramento degli embarghi e nell’importazione irregolare di tecnologia occidentale, la Transiter GmbH, specializzata nelle riesportazioni, e la Novum GmbH, operante nel settore farmaceutico, fondamentale per l’importazione di medicinali di produzione occidentale nella RDT.

Molte di queste società servivano a occultare flussi finanziari, eludere divieti commerciali e generare profitti tramite prestanome. Le attività estere erano spesso possibili solo grazie a intense attività di appoggio occulto, di cui si faceva carico la Stasi, svolgendo un imprescindibile ruolo di garanzia, protezione e anche in senso operativo.

L’acquisizione della valuta estera avveniva attraverso ben precisi canali:

— la riesportazione di beni di consumo, anche frutto di investimenti occidentali;
— l’esportazione di merci prodotte tramite lavoro forzato nei penitenziari della RDT;
— la fornitura di sistemi d’arma a Stati coinvolti in conflitti, anche regimi non amici del Patto di Varsavia (es. l’Iran in guerra contro l’Iraq negli anni Ottanta).

KoKo era inoltre profondamente coinvolta in movimenti finanziari “non ufficiali”, con conti neri, provvigioni e acquisti di copertura. Le società estere utilizzavano strutture offshore, società di comodo e conti riservati in Lussemburgo, Liechtenstein e Svizzera. Molti di questi flussi passavano per aziende di facciata dall’apparenza rispettabile, ma più o meno direttamente gestite dalla Stasi.

IL GRUPPO DI LAVORO «KOKO» DELLA STASI

La cooperazione della sezione KoKo con la Stasi era istituzionalizzata, seppure coperta dal segreto di Stato. Molti dei circa 3000 collaboratori di Schalk-Golodkowski erano registrati come collaboratori non ufficiali IM (inoffizielle Mitarbeiter) o ufficiali in missione speciale OibE (Offiziere im besonderen Einsatz), dunque informatori e operatori sotto copertura della Stasi. Quanto allo scambio di informazioni fra KoKo e Stasi, la struttura deputata allo spionaggio economico all’estero, la Hauptverwaltung Aufklärung (HV A) diretta da Markus Wolf, sosteneva le attività della KoKo fornendole informazioni raccolte sul terreno oltrecortina e ricevendone altrettante. La Stasi svolgeva inoltre una funzione di protezione, che doveva garantire la massima segretezza delle operazioni e dei movimenti finanziari, sorvegliando i partner commerciali occidentali e isolando la sezione KoKo dalla comune popolazione della RDT. Un elemento chiave di collegamento era il cosiddetto Gruppo di lavoro AG KoKo (Arbeitsgruppe KoKo), istituito agli inizi degli anni Ottanta e reso una struttura operativa autonoma e indipendente dal settembre 1983. La comandava il colonnello Wolfram Meinel.

Formalmente incardinata nella XVIII Divisione centrale della Stasi, deputata al monitoraggio dell’economia di piano della RDT, l’AG KoKo rispondeva direttamente al ministro per la Sicurezza dello Stato, il capo della polizia segreta Erich Mielke, e operava principalmente sotto la XVII Divisione centrale. Oltre a garantire la segretezza, nonché la funzione di controspionaggio verso possibili infiltrazioni dei Servizi segreti occidentali, rientravano nei suoi compiti l’analisi dei rischi delle attività economiche e finanziarie, il coordinamento degli infiltrati piazzati all’interno delle società estere e la cooperazione con l’HV A di Wolf nel campo del trasferimento di tecnologia occidentale sottoposta ad embargo e del commercio internazionale di armi.

Numerosi fascicoli conservati presso l’Archivio centrale della Stasi a Berlino (oggi custoditi presso l’Archivio federale dello Stato) documentano il controllo sistematico esercitato dagli oltre cento funzionari in forza all’AG KoKo su banche, intermediari e aziende dell’Europa occidentale. L’AG KoKo fu anche determinante nelle operazioni di occultamento dei flussi finanziari, ad esempio tramite contabilità fittizia o deviazioni di pagamento attraverso Paesi terzi.

Attraverso società di copertura, formalmente organizzate come entità private, con sedi a Francoforte sul Meno, Düsseldorf e Amburgo, nonché con operatori finanziari a libro paga della Stasi, l’AG KoKo riuscì a essere indirettamente attiva anche alla Borsa di Francoforte, una delle più grandi e importanti d’Europa. Le operazioni consistevano in investimenti di capitale e drenaggio dei profitti attraverso società che investivano in azioni, obbligazioni e fondi, in parte generanti rendimenti legali, in parte utili a occultare flussi di denaro. I profitti delle operazioni in borsa venivano convertiti in valute forti (principalmente marchi tedeschi occidentali, dollari e franchi) e reinvestiti nell’economia della RDT o depositati in fondi segreti. La borsa era anche un punto strategico per raccogliere informazioni su tendenze economiche, dati aziendali o andamenti dei mercati, saperi specifici utili per la pianificazione strategica e il recupero di tecnologia occidentale.

Attraverso prestanome, venivano acquistate aziende tecnologiche occidentali o brevetti. In questo modo, l’AG KoKo e la stessa sezione KoKo agivano come un fondo speculativo
statale protetto dal Servizio segreto. Collaboravano con operatori finanziari di Francoforte sia la IMES che la Novum, attraverso la Deutsche Handelsbank, istituzione bancaria della
RDT con sede a Berlino Est, venivano gestiti movimenti finanziari occulti tramite banche a Francoforte, Lussemburgo e Zurigo. L’AG Koko della Stasi monitorava la contabilità e garantiva la copertura di riservatezza nei confronti delle autorità di polizia fiscale internazionale di un articolato e sofisticato complesso di più di 150 società commerciali, società di comodo, strutture aziendali legate a divisioni operative della Stasi e altre costruzioni societarie.

SULLE TRACCE DEL DENARO SOMMERSO

Si ritiene che, negli anni Ottanta, la struttura KoKo avrebbe generato per le casse del regime di Honecker fino a un miliardo di marchi tedeschi occidentali all’anno. Tali entrate permisero alla RDT di importare beni occidentali urgentemente necessari, tra cui farmaci, componenti elettronici, materie prime e impianti industriali. Contemporaneamente, l’apparato KoKo creò nell’ombra un’economia parallela privilegiata, incompatibile con i principi del socialismo. Mentre la popolazione tedesco-orientale pativa la profonda crisi economica e di approfondimenti del decennio terminale della RDT, la sezione KoKo si muoveva in una sfera esclusiva e protetta, con accesso a grandi quantità di valuta estera e alla tecnologia occidentale sottoposta a embargo.

Dopo la caduta del Muro e il collasso del regime politico della RDT, la sezione KoKo fu immediatamente liquidata. Alexander Schalck-Golodkowski fuggì nella Germania occidentale alla fine del 1989 e pochi mesi dopo si consegnò alle autorità federali, collaborando con la Procura generale, che gli concesse la protezione riservata ai collaboratori di giustizia. La resa dei conti giudiziaria procedette tuttavia molto a rilento. Numerosi documenti furono sistematicamente distrutti dal personale della Stasi prima di abbandonare per sempre i loro uffici, molti conti esteri non furono mai ritrovati o risultarono intestati a prestanome. Nel 1996, Schalck-Golodkowski fu condannato a un anno con sospensione condizionale della pena per evasione fiscale, falsificazione di documenti e violazione della legge sul commercio estero. Un procedimento per concorso in omicidio (in merito alle condizioni nocive in cui veniva espletato il lavoro forzato nei penitenziari) fu archiviato nel 2000. Subì una condanna a due anni e sei mesi per appropriazione indebita anche una delle più strette collaboratrici di Schalck, la manager e funzionaria della SED Waltraud Lisowski, che fino al 1989 gestiva a Berlino Est i capitali e gli utili generati dalle aziende partecipate dalla SED all’estero. Fra queste ve n’era una in Italia, la EUMIT Spa, società d’import-export con i Paesi dell’Est europeo con sede a Torino, partecipata mista del Partito comunista italiano e (copertamente attraverso fiduciari della KoKo) della SED.

La EUMIT finì sotto inchiesta della magistratura milanese nel periodo di Tangentopoli. Chiarezza completa circa l’”impero” aziendale della KoKo non è mai stata fatta, per mancanza di prove, di volontà politica e per la complessità delle reti finanziarie e aziendali internazionali. Sul piano storico, invece il quadro è evidente: KoKo fu un tassello centrale nella strategia economico-finanziaria finalizzata a salvare la RDT. Sotto la guida di Schalck-Golodkowski, nacque un sistema complesso di strutture economiche speciali, supportato dall’apparato di sicurezza e tollerato, laddove non direttamente sostenuto, dai massimi livelli della leadership politica. L’operato del Gruppo di lavoro KoKo della Stasi fornisce un’evidente dimostrazione di quanto fossero intrecciati nella RDT economia, spionaggio e sforzi per la conservazione del potere.

La storia della Sezione KoKo non costituisce solo una vicenda di spregiudicata improvvisazione economica, bensì anche una lezione sui meccanismi intimi della gestione del potere nei Paesi del cosiddetto socialismo reale.