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La morte di Julius Evola, «profeta» della destra radicale italiana (1974)

Redazione Spazio70

Articolo di Carlo Bo per il Corriere della Sera del 12 giugno 1974

Lo scrittore Giulio Evola è morto oggi pomeriggio all’età di 76 anni. Nato a Roma il 19 maggio 1898 da genitori palermitani, Giulio Evola ha scritto numerosi saggi filosofici, politici e di simbologia e ha dedicato gran parte della sua vita anche allo studio dei riti e delle tradizioni dell’Estremo Oriente. Personaggio misterioso e per molti versi inquietante, Evola, era piuttosto un simbolo che non un’immagine culturale perfettamente chiara e conchiusa. Maestro e profeta di molti movimenti di destra, ha potuto sopportare la denominazione suggerita dal capo del Movimento sociale italiano di «Marcuse», il loro Marcuse, ma sarebbe ingiusto legarlo a uno schieramento e anche a una parte politica e così seppellirlo, e questo per quanto Evola ha inteso rappresentare veramente e nelle sue ore migliori.

«UN MISTO DI PESSIMISMO E DI SPERANZA PER IL FUTURO»

Se il suo insegnamento è stato deleterio e ha avuto gravi conseguenze per i cosiddetti suoi discepoli, resta invece da verificare quelle che sono state le sue origini e il territorio culturale a cui si era ispirato negli anni della formazione e della giovinezza. Nipotino di Nietzsche e, in senso più largo di quanti nel mondo dell’intelligenza impegnata nella difesa dei cosiddetti valori dell’ordine e della tradizione (per esempio Maurras), il pensatore Evola non ha dovuto fare altro che agganciare i cascami e le frange delle grandi teorie dei suoi maestri, vale a dire dei profeti della distruzione, alle ragioni del tempo. Così gli è accaduto di diventare, con il passare degli anni, e a mano a mano che gli avvenimenti sembravano contraddire, e in effetti contraddicevano, le sue teorie, – prima – un profeta più segreto che palese, maestro di razzismo e del fascismo più acceso e – poi – il maestro delle nuove generazioni che trovavano nell’area della destra lo sfogo per delle basse inquietudini e la sede naturale per il loro amore per la contrazione e il rifiuto delle nuove verità politiche e sociali.

Ricognizioni, uomini e problemi, uno dei suoi ultimi libri, è un piccolo vangelo di questa schiera, anche essa altrettanto confusa e mal definibile, dei suoi seguaci e vi si ritrovano ribadite non soltanto le prime e più antiche prese di posizione su Gli uomini e le rovine e su Rivolta contro il mondo moderno (altri due titoli di sue opere), ma annunziate finalmente quelle che avrebbero dovuto essere le invenzioni, le novità e i suggerimenti per uscire fuori dalla palude del mondo contemporaneo.

Un misto di pessimismo e di speranza nel futuro che si risolveva in una serie di invocazioni per sé astratte ma che fatalmente avevano e portavano dentro il veleno e l’insidia di una vocazione rivoluzionaria, anzi della violenza. La crisi del mondo moderno che altrove e specialmente in Francia aveva portato a visioni critiche assai più pertinenti (si pensi al lavoro fatto da Maritain) aveva invece consentito ad Evola di crearsi un suo mondo fantastico, un regno dell’immaginario che apparteneva piuttosto alla poesia e non per nulla lo scrittore e l’artista (era stato anche pittore di avanguardia) superava di molto il pensatore politico.

Partito dagli studi di filosofia orientale, Giulio Evola cominciò con il cambiare il nome in Julius, iniziando una lunga finzione che è durata tutta la vita ma poi ha finito ben presto per coltivare con i miti e le suggestioni mistiche degli ultimi profeti d’Europa (in primis il Guénon), il particolare culto della sua personalità, insomma per diventare una piccola maschera contraddittoria e opposta a quelle che erano e restano le vere richiesta di fondo del mondo moderno. Profeta sconfitto, secondo la regola, ma profeta di pseudo-verità e di altrettanto falsi miti.