Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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«Ero alla finestra, ho visto le mura piegarsi all’indietro, il ristorante è sparito in una nuvola di polvere. Lo scoppio è stato violento, seguito da un odore acre. Sembrava zolfo, i primi feriti, barcollanti fra la polvere nella piazza, sono stati portati nell’ambulatorio. Un macello: alcuni erano senza un braccio o una gamba. Il sangue zampillava a fiotti. Ne avrò medicati una cinquantina, non so. Potevo fare ben poco con i mezzi che avevo a disposizione, ma l’opera di soccorso è scattata in maniera tempestiva ed efficace» (Dott. Francesco Speziale)
«Un uomo era in stazione con moglie e figlia. Dopo lo scoppio non li ha più visti. Si è messo ad aiutare i soccorritori, sperando di trovarli. Ad un certo momento è accorso, con altri, ad offrire il proprio sangue. Ha lavorato come un matto per ore, senza lamentarsi, senza mai abbandonarsi alla disperazione, fino a quando ha trovato il cadavere di sua figlia. Si è messo in un angolo. Senza piangere, senza parlare. Gli abbiamo dato dei sedativi, ma non riusciamo a farlo andare via. Aspetta che trovino il corpo della moglie» (Un medico dell’ambulatorio)
«Ero alla stazione con mio marito, era stato appena dimesso dall’ospedale e dovevamo tornare a casa, a Faenza. Il treno era in ritardo. Avevamo sete e siamo entrati in un chiosco, di fianco ai binari. Stavo mettendo il resto nel borsellino quando ho sentito un gran botto, poi tutto è diventato buio. Per me c’è stata anche una seconda esplosione, mi sono caduti addosso vetri e calcinacci. Non ho più capito niente. Non ricordo quello che è accaduto dopo. Ho visto cose terribili: bimbi riversi sul marciapiede, coperti di sangue. Sembravano morti. Ho visto un vecchio con gli abiti bruciati, tanto sangue per terra. Sangue sulle macerie, sangue dappertutto. Mio marito è rimasto illeso, miracolosamente. Me lo sono trovato vicino, coperto di polvere, bianco come un morto. Ho sentito un odore strano, come se fosse zolfo. Ecco, lo stesso odore che si sente quando scoppiano petardi». (Sig.ra Silvia Montusti)
«Le porte e le finestre si sono spalancate di colpo e sono corso nell’atrio: un disastro. Vetri e macerie dappertutto, gente che gridava. Morti e feriti. Ho trovato una donna che piangeva in ginocchio. Era coperta di sangue, senza metà della faccia, dilaniata da una ferita». (Brigadiere Ferri, polizia ferroviaria)
«Ero nell’ufficio e sono uscito, un attimo dopo l’esplosione. Era come la guerra. Dapprima non ho visto nulla per via della polvere, poi, quando si è dissolta, sono apparse figure umane con abiti a brandelli, coperte di sangue. Qualcuno correva come impazzito. Altri erano in terra con gli occhi sbarrati. Una cosa stranissima: nessuno si lamentava, nessuno mandava un gemito. Tutto sembrava spaventosamente immobile. Molti corpi erano stati scaraventati sotto le carrozze. Qualcuno si muoveva. Insieme ai colleghi abbiamo iniziato a tirarli fuori. Poi, non mi vergogno a dirlo, ho visto un bambino sui sette anni con una gamba spappolata. Non si capiva più dov’era la faccia. Sono scappato via a piangere dentro l’ufficio. Piano piano sono cominciati i gemiti dei feriti, le urla del terrore. Sono uscito di nuovo. Ho fatto la guerra, ne ho passate tante, ma uno spettacolo così orrendo è impossibile da dimenticare» (Flavio Pezzetti, capostazione)
«Uno spettacolo incredibile. Non ho mai visto la guerra, ma questo è sicuramente peggio. Quando sono arrivati qui c’era gente con dei buchi nella schiena, gli si vedevano i polmoni. Altri vomitavano sangue. C’era sangue dappertutto, le barelle ne erano fradice» (Un’infermiera dell’ospedale Sant’Orsola)
«Ero in cucina e ho sentito un rombo terribile. Una nube di fumo acre, l’odore del tritolo. Il self service non c’era più. Dietro il bancone, con un blocco di cemento addosso, c’era la mia collega Euridia Berganti, banconista. In terra altri feriti che gemevano. In tre abbiamo tirato su il blocco. Ma l’Euridia era morta sul colpo» (Enzo Solferini, addetto alla cucina)