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La «guerra» in Vaticano per il controllo delle cariche finanziarie (1975)

Redazione Spazio70

Da un articolo originariamente pubblicato su «Tempo illustrato»

La sorpresa è stata generale: amara per alcuni, provvidenziale e indovinata per altri. “E’ un altro magistrale colpo messo a segno da monsignor sostituto”, ha commentato con malcelata ironia più d’un ecclesiastico all’indirizzo del potentissimo monsignor Giovanni Benelli, quando la notizia è apparsa sull’Osservatore Romano. Sabato 9 agosto nella seconda pagina dell’organo di stampa del Vaticano, nella rubrica “Santa Sede” (dove vengono riportate le nomine interne), era apparso il seguente comunicato: “Il Santo Padre ha nominato segretario generale della sezione straordinaria dell’amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il dottor Giorgio Stoppa; il Santo Padre ha nominato contabile principale della stessa sezione il dottor Camillo Labella“.

Paul Casimir Marcinkus

La notizia va inquadrata nel dissidio, esistente da tempo, tra Benelli da una parte e monsignor Paul Marcinkus, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, dall’altra. Gli uomini appena nominati ai vertici della “sezione straordinaria” debbono essere considerati “pupilli” di Benelli. Chi ci ha rimesso è stato invece monsignor Giuseppe Caprio, arcivescovo titolare di Apollonia e attuale prelato-segretario dell’amministrazione ordinaria. Legato a Marcinkus, a quanto si dice monsignor Giuseppe Caprio aspirava a riunire nelle proprie mani le due cariche della sezione ordinaria e di quella straordinaria.

Qualcosa dunque si muove nel segretissimo mondo finanziario del Vaticano, qualcosa che sta a testimoniare una diversa politica della Santa Sede dopo le polemiche legate all’affare Sindona. Non sarà inutile ricordare che le amministrazioni finanziarie vaticane sono sei: il Governatorato, la Fabbrica di San Pietro, Propaganda Fide, la Amministrazione speciale, la Amministrazione straordinaria e l’Istituto per le Opere di Religione, una vera e propria banca che — come tale — si chiama più semplicemente Ior.

Sotto il profilo della consistenza patrimoniale e quindi anche della disponibilità di liquidità, due soltanto sono gli istituti finanziari vaticani di rilievo: lo Ior e l’Amministrazione straordinaria. La loro imporanza fondamentale è data dal fatto che ambedue gli istituti si occupano di investimenti. L’Amministrazione straordinaria è interessata formalmente a tutto ciò che riguarda gli investimenti in Italia e all’estero; lo Ior, essendo una banca, agisce in tutto e per tutto come tale.

La comunicazione dell’Osservatore ha confermato implicitamente che al vertice c’è sempre monsignor Marcinkus, il “banchiere del Vaticano”, responsabile dello Ior. A differenza della Amministrazione straordinaria, che deve rendere conto di ogni suo atto a una commissione cardinalizia di controllo, monsignor Paul Marcinkus è infatti completamente autonomo nelle sue decisioni perché la commissione cardinalizia di vigilanza — “vigilanza e non controllo —non ha alcun potere di sindacare il suo operato, ma soltanto quello di vigilare perché non si producano macroscopiche disattenzioni. E’ quello che è accaduto appunto con il crack di Michele Sindona.

UNA PERDITA DI 55 MILIARDI

Investito dal turbine della scandalo (si dice che nelle operazioni nazionali e internazionali del banchiere siciliano il Vaticano abbia perso qualcosa come 85 milioni di dollari, circa 55 miliardi di lire) è probabile che Marcinkus sia rimasto (ma fino a quando?) al timone dello Ior grazie, prima di tutto, all’amicizia con influenti personalità del mondo finanziario statunitense (Marcinkus stesso è americano). A monsignor Marcinkus si fa carico di essere uno sprovveduto in materia finanziaria e di aver conquistato l’altissima e ambitissima posizione soltanto per i suoi legami con il segretario di Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi.

In questo c’è del vero. All’inizio dell’anno sembrava certo che per queste ragioni Marcinkus stesse per andarsene. Poi, improvvisamente… il dollaro è salito. I maligni infatti aggiungono che a confermare la permanenza di monsignor Marcinkus allo Ior ha contribuito anche la risalita della quotazione internazionale della moneta statunitense. Lo Ior ha un capitale sociale di pochi miliardi, ma amministra depositi ingenti. I conti aperti presso la banca vaticana sarebbero oltre quindicimila. Vi hanno depositi alcune centinaia di case generalizie maschili e femminili; alcune centinaia di parrocchie italiane; quasi tutte le diocesi della penisola; molte comunità locali che dipendono dalle case generalizie; i membri del corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede; buona parte dei dipendenti del Vaticano, religiosi e sacerdoti; il Vicariato di Roma; qualche centinaio di vescovi stranieri e un notevole numero di laici “privilegiati” italiani e stranieri.

Lo Ior è l’unica banca sul “territorio” italiano presso la quale è possibile aprire conti in diverse valute con interessi che vanno dal 7 al 14 per cento. I depositi presso lo Ior non sono soggetti a nessuna tassazione. Si tratta di un istituto bancario il cui presidente agisce sullo stesso terreno delle grandi banche mondiali.