Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
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Si chiama Vincenzo Oliva, ha trent’anni e si definisce «anarchico individualista», è lui che da circa sette ore sta puntando una lama contro il collo del giudice di sorveglianza, il dottor Giovanni Falcone, legato ad una sedia all’interno dell’ufficio matricola. È l’8 ottobre del 1976, siamo a Favignana, nella casa circondariale dell’isola, penitenziario che ospita, tra gli altri detenuti, anche Sante Notarnicola e alcuni brigatisti rossi, personaggi inizialmente indicati, da infondate voci di corridoio, come gli artefici di una presunta sommossa carceraria. Fin dalle prime trattative al citofono con giudici, carabinieri e giornalisti, l’azione di Oliva ha assunto la forma ben definita di una «semplice» richiesta individuale, seppur avanzata, in modo pretestuoso, con toni enfaticamente politici. Il detenuto giustifica il sequestro del giudice come risposta «alla brutale repressione di Stato diretta ad eliminare fisicamente i combattenti all’interno delle carceri gestite dal potere borghese» ed aggiunge: «Il tentativo di emarginare all’interno delle carceri le masse detenute è miseramente fallito, nonostante le controrivoluzionarie licenze-trappola».
In carcere dal 1964 per omicidio, il calabrese Vincenzo Oliva si è avvicinato da alcuni anni al microcosmo dei detenuti politici, affermando con fierezza di essere un militante dei NAP (Nuclei Armati Proletari), tuttavia, la sua storia criminale è inquadrabile nella bassa delinquenza comune.
Dal quotidiano La Stampa del 9 ottobre 1976:
«Il delitto avvenne nel maggio del 1964. Ottavio Perrone, la vittima, era padre di tre figli. Oliva, allora diciassettenne, fu condannato a 27 anni […] dopo 12 anni è ancora tristemente ricordato a Sanremo. Il 4 maggio del ’64, al termine di una “giornata brava” durante la quale derubò per pochi soldi una tabaccaia di Riva Ligure, minacciandola con una pistola, si impadronì di una motocicletta, rapinò una mondana a Sanremo, ferendola con un coltello alla gola —, verso mezzanotte uccise con un solo colpo di pistola al cuore, Ottavio Perrone, 49 anni, benzinaio presso il distributore Shell di corso Cavallotti. Un povero immigrato, padre di 3 figli. Il bottino fu di 30 mila lire. Vincenzo Oliva non aveva ancora compiuto 17 anni. Assieme a lui al momento del delitto c’era un altro giovane, il garzone di macellaio Gioacchino Zilli, 19 anni, che però si limitò a restare sulla moto con il motore acceso, Lo Zilli venne subito arrestato. L’Oliva, invece, riuscì a nascondersi, pare con la complicità dell’amico (il particolare non è stato mai accertato) e del padre, Giovanni, un disoccupato. Il giovane omicida venne arrestato otto giorni dopo il delitto, la sera del 12 maggio, mentre percorreva sulla moto rubata il ponte del Centa ad Albenga».
Entrato in mattinata nell’ufficio matricola con il pretesto di un colloquio con il giudice, il sedicente anarchico è riuscito a spiazzare tutto il personale carcerario tirando fuori una lama affilatissima, reperita chissà dove. Adesso è lì, con una mano sul citofono e l’altra che impugna il coltello contro la gola di Falcone. Il detenuto è determinatissimo: chiede di essere trasferito subito presso il carcere di Torino. Giovanni Falcone ha meno di quarant’anni ed è la prima volta in vita sua che si trova in una situazione del genere, tuttavia, appare particolarmente tranquillo, cerca di ragionare ma soprattutto di far ragionare con calma il suo temibile interlocutore.
Dal Corriere della sera del 9 ottobre 1976:
«Per sei ore il detenuto è stato irremovibile. Ha chiesto dapprima la mediazione di un’avvocatessa di Trapani, Idi Cantatore, che non è stata però rintracciata. Avuta la notizia, ha ripiegato sull’avvocato Salvatore Ciaradino e sull’ergastolano Pes, pure rinchiuso a Favignana. Le richieste? all’inizio ha parlato di trasferimento immediato a Torino, poi ha buttato tutto sulla politica facendo recapitare all’ANSA un messaggio. Il magistrato — ha precisato — sarebbe stato rilasciato soltanto a condizione che radio, televisione e giornali lo avessero pubblicato integralmente. Il messaggio dice:
“Un militante individualista anarchico aderente ai Nuclei Armati Proletari, rispondendo alla brutale repressione di Stato diretta a eliminare fisicamente i combattenti all’interno delle carceri gestite dal potere borghese, ha inteso rispondere con la rappresaglia rivoluzionaria a queste gravissime provocazioni sequestrando il magistrato preposto alla sorveglianza in carcere di Favignana. E’ bene che si sappia che i combattenti non resteranno passivi ad affrontare la repressione di Stato, bensì risponderanno sempre colpo su colpo. Il tentativo di emarginare all’interno del carcere le masse detenute è miseramente fallito nonostante le controrivoluzionarie licenze-trappola. La scientificizzazione della violenza di Stato, prendendo a modello la tecnica tedesca ed USA, fa di tutto per eliminare come uomini e come combattenti i compagni sequestrati nei vari lager. Un appello a tutti i compagni combattenti: smettetela di combattere tra di voi, unitevi nella lotta contro il comune nemico: lo Stato borghese”.
Il comunicato di Vincenzo Oliva così conclude: “Il rilascio dell’ostaggio avverrà dietro precise garanzie:
1) Pubblicazione sulla stampa nazionale via radio e televisione del presente documento;
2) Trasferimento al carcere di Torino;
3) Garanzia sull’incolumità fisica personale e promessa che alle minime repressioni si risponderà con la rappresaglia rivoluzionaria. Tutto il potere al popolo. Viva l’anarchia!
Non c’è stato tempo di diramare il messaggio ma la situazione si è sbloccata ugualmente poco dopo le 18.00 quando dal ministero è giunta l’autorizzazione del trasferimento a Torino. Vincenzo Oliva, ormai tranquillo, si è riconsegnato alle guardie carcerarie. Politica o no, aveva raggiunto il suo obiettivo. Vincenzo Oliva ha lasciato in serata sotto scorta la casa penale di Favignana, diretto alla volta di Trapani. Questa mattina verrà fatto proseguire per Torino per essere rinchiuso nelle carceri Nuove.
Subito dopo la liberazione del dottor Giovanni Falcone, il detenuto si è intrattenuto a parlare con il sostituto procuratore della Repubblica, dottor Ciaccio Montalto, con il presidente del Tribunale di Trapani, con il corrispondente del giornale L’ora e con altre persone. Al termine del colloquio, i magistrati hanno lasciato la casa penale e sono rientrati a Trapani a bordo di un aliscafo».