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La straordinaria vita di Edmond Simeoni. Lotte culturali e politiche per una Corsica autonoma

Redazione Spazio70

Nonostante le sostanziali sconfitte, Simeoni è a buon titolo considerato il padre dell’autonomismo corso. Ora che il cammino verso una qualche forma di autogoverno sta faticosamente ricominciando, nel pantheon dei nazionalisti corsi c’è, un paio di gradini sotto l’irraggiungibile «Babbu di a Nazione» Pasquale Paoli, Edmond Simeoni

di Tommaso Minotti

Ci sono uomini che dedicano la loro intera esistenza a una causa. Il successo o il fallimento di questa ragione di vita, purtroppo, non dipende totalmente dalla loro ferrea volontà. Edmond Simeoni, considerato padre del nazionalismo corso contemporaneo, visse quasi 84 anni senza vedere l’autonomia della sua amata isola. Un’autonomia che ancora oggi è ricercata da un erede diretto di Simeoni, suo figlio Gilles, ex sindaco di Bastia e attuale presidente del consiglio esecutivo della Corsica. L’importanza della famiglia nell’Isola della Bellezza si nota anche dall’epopea politica di Edmond Simeoni. Lui e suo fratello Max furono i Dioscuri della Corsica. Sia Castore e Polluce, sia Edmond e Max vissero insieme una serie di avventurose esperienze, non sempre vittoriose.

Ma Edmond Simeoni fu anche un precursore in molti campi. Trattò con grande attenzione temi sensibili come la tutela ecologica della Corsica e la necessità di uno sviluppo economico in armonia con l’ambiente. Nei suoi sessant’anni di lotta, pose l’accento anche sulla diaspora corsa, considerata un enorme valore aggiunto, e sulla necessità di fermare il crollo demografico che attanagliava l’isola mediterranea. Sono ricordate ancora oggi le sue lotte contro i piani economici francesi per la Corsica e contro gli attacchi speculatori che mettevano in pericolo la fragile fascia costiera dell’isola.

Di professione medico, Simeoni prese scelte difficili nel corso della sua carriera politica. Fu favorevole all’autonomia e non all’indipendenza, perché non considerava la seconda opzione sostenibile demograficamente ed economicamente. Anche con il Fronte di Liberazione Nazionale Corso ebbe una posizione di comprensione pur non approvando, da pacifista convinto e inscalfibile, i suoi metodi violenti. La vita di Simeoni è, tuttavia, poco conosciuta al di fuori dell’isola. Alcuni suoi scritti, la maggior parte risalenti agli anni Duemila, sono stati recentemente tradotti in italiano e inseriti in una piccola antologia dal titolo «Corsica! Le secolari battaglie di un piccolo popolo per la libertà». Un titolo azzeccato che condensa le lotte sociali, politiche ed economiche di una terra che per centinaia di anni ha dovuto fare i conti contro molti invasori.

GLI INIZI NEGLI ANNI SESSANTA

Una rara foto della famiglia Simeoni. Da sinistra: i fratelli Edmond e Max, il padre Ferdinand, la madre Carlita Morazzani e l’altro fratello Roland (fonte: Ferdinand Simeoni, gruppo Facebook: Groupe de Corsica Secreta)

Nato nel 1934 a Corte, storica capitale della Repubblica Corsa, Simeoni iniziò a interessarsi di politica a Marsiglia. Nella città portuale per eccellenza, il futuro protagonista dell’autonomismo corso studiava medicina. Nel 1960 creò l’Associazione degli Studenti Corsi a Marsiglia. Dopo aver terminato gli studi ed essere tornato sull’isola, Simeoni fece il suo ingresso nell’attivismo. Insieme a molti altri, tra cui il fratello Max, protestò contro la decisione francese di condurre esperimenti nucleari ad Argentella, vicino Calvi. Simeoni creò un’associazione a cui si iscrissero quasi seicentocinquanta persone. La prima azione politica fu coronata dal successo e le sperimentazioni vennero cancellate.

La Corsica degli anni Sessanta era attraversata da un processo culturale che venne definito «Riacquistu». L’obiettivo era il recupero della cultura e della lingua corsa. Simeoni non fu estraneo a questa operazione e, insieme a suo fratello Max e a Paul-Marc Seta, creò il CEDIC,  Comité d’Etudes et de Défense des Intérêts de la Corse. A metà tra movimento politico e associazione culturale, il CEDIC divenne ben presto uno dei punti di riferimento dell’embrionale movimento autonomista corso. L’organizzazione aveva l’obiettivo di partecipare alle elezioni locali, ritenute invece truccate da diverse altre associazioni regionaliste. Alle amministrative del marzo 1967 il gruppo CEDIC candidò Max Simeoni, ma con solo 1160 voti la tornata elettorale si rivelò un duro flop. Edmond e i vertici del CEDIC ebbero il merito di comprendere la radice del problema. Occorreva politicizzare la questione corsa senza prendere parte a elezioni considerate sostanzialmente inutili.

Così finiva l’esperienza del CEDIC, trasformato in Action Regionaliste Corse il 3 novembre 1967. Gli obiettivi principali dell’ARC erano: promuovere lo sviluppo economico, culturale e politico-sociale dell’isola e rendere la Corsica autonoma. Nel nuovo soggetto, di cui Edmond Simeoni era una colonna portante insieme al fratello e a Lucien Alfonsi, si perdevano le radici socialiste dell’autonomismo corso ma si guadagnava visibilità. La popolarità di Edmond Simeoni venne amplificata da «Arritti!», il giornale del CEDIC fondato nel novembre 1965 e vera pietra miliare dell’autonomismo corso, ancora oggi presente. A fine anni Sessanta l’ARC si rafforzò a dismisura grazie ad azioni dirette come lo sciopero del pagamento dei pedaggi e diversi manifestazioni contro la speculazione edilizia e agricola. La carriera di Simeoni era in rampa di lancio.

GLI ANNI SETTANTA E IL CONSOLIDAMENTO DELL’ARC

Simeoni in un comizio degli anni Settanta (fonte: corsicainfurmazione.org)

Nel 1971 Simeoni e il suo gruppo pubblicarono un dossier dell’Hudson Institute di New York. Era un rapporto commissionato dallo Stato francese, per la precisione dal DATAR (Délégation interministérielle à l’aménagement du territoire et à l’attractivité régionale), ma ritenuto dal governo stesso non divulgabile. I motivi di questa reticenza da parte di Parigi furono esposti con grande enfasi durante una conferenza stampa dell’ARC. Gli autonomisti affermavano che nel documento dell’Hudson Institute si proponevano soluzioni coincidenti con quelle del movimento autonomista. Particolarmente sentita fu la questione culturale. Nel report si faceva riferimento alla progressiva scomparsa della cultura e della lingua corsa.

La pubblicazione del documento smosse la società civile dell’isola. Era l’epoca successiva al naufragio del progetto regionalista di De Gaulle, ma era anche il periodo del «Riacquistu». Edmond Simeoni fu, in prima persona, un grande sostenitore di questo recupero culturale. Attraverso il giornale della sua area, «Arritti!», Simeoni e i suoi sodali sostennero la Scola Corsa e la lotta per riconoscere il corso tra le lingue tutelate dalla legge Deixonne, un provvedimento del 1951 che prevedeva, tra le altre cose, l’insegnamento a scuola delle lingue parlate in una determinata area geografica. Anche la Scola Corsa e la sua evoluzione, l’Università d’estate, ebbero un ruolo culturale e politico non indifferente e si giovarono del supporto costante della base e della dirigenza dell’ARC.

Alla lotta culturale si affiancava la lotta politica e quella ambientale. Simeoni guidò la campagna contro Michel Poniatowski, braccio destro del futuro presidente francese Giscard d’Estaing. Poniatowski parlò dell’organizzazione mafiosa dell’Unione Corsa con grande durezza, attirandosi le accuse di razzismo anti-corso da parte di Simeoni. Dal punto di vista ecologico, Simeoni fu l’alfiere della lotta contro gli sversamenti illegali da parte della Montedison. L’azienda italiana inquinava il mare al largo della Corsica, a Capo Corso per l’esattezza, con sostante tossiche, scarti della produzione industriale del gigante chimico. Una bomba venne piazzata su un traghetto italiano attraccato a Bastia. Nel frattempo, tra 1972 e 1973, Simeoni e l’ARC guidarono varie proteste accusando Parigi di indifferenza. Nel febbraio del 1973 diecimila persone scesero in piazza tra Bastia, Ajaccio e Corte. I nemici dei manifestanti erano Roma, Parigi e la Montedison. Non mancarono pesanti disordini. I trecento agenti antisommossa dei CRS, guidati dal sottoprefetto di Bastia Robert Miguet, si scontrarono con gli autonomisti. Questi ultimi fecero ampio uso di molotov a cui risposero i poliziotti con cariche e gas lacrimogeno. Alcune sedi governative vennero saccheggiate e fu anche innalzata la bandiera del Moro al posto del tricolore transalpino.

In questa occasione ci fu il primo arresto di Simeoni. La sua foto ammanettato fece scalpore. In suo sostegno venne proclamato uno sciopero generale e si mobilitarono migliaia di manifestanti. La popolarità guadagnata dall’ARC e da Simeoni fu notevole. Per suggellare questa ascesa, l’ARC sposò definitivamente la linea dell’autonomia. La scelta fu sancita il 26 luglio 1973 con il cambiamento del nome. L’Action Regionaliste Corse si trasformò in Azzione per a Rinascita Corsa. Nel primo congresso, tenutosi a Cateraggio il mese successivo, parteciparono duemila persone. Simeoni fece un discorso infuocato in cui non approvò, ma nemmeno condannò, gli atti violenti del Fronte Paisanu Corsu di Liberazione. Rifiutava i loro metodi, ma simpatizzava con loro avendo il medesimo obiettivo: il benessere della Corsica. Parole che fecero guadagnare ancora più credibilità a Simeoni e ai suoi.

Una credibilità consacrata dalle lotte contro lo zuccheraggio del vino da parte dei pieds noir, ex coloni franco-algerini tornati in Corsica dopo la perdita della colonia, e dalla pubblicazione, nel luglio 1974, di «Autonomia», un foglio che raggiunse la tiratura di ventimila copie e sancì il cambio di passo dell’ARC. Negli articoli si parlava della colonizzazione della Corsica a opera della Francia attraverso i piani agricoli e turistici. Parigi era colpevole della regressione culturale che soffocava l’isola. Nel marzo 1975, su «Arritti!», l’ARC parlava chiaramente di nazionalismo corso. Fermenti politici di cui Simeoni e il suo gruppo erano il volto più riconoscibile, ma anche più moderato. Nascevano formazioni para terroristiche come la Ghjuventù Paolina, avversaria del movimento di Simeoni e incline all’uso di esplosivi.

I FATTI DI ALERIA

Simeoni intervistato durante i fatti di Aleria, 22 agosto 1975 (fotogramma ripreso da un video INA)

Per descrivere questo storico avvenimento, di importanza capitale per la Corsica contemporanea, occorre partire dalla fine e dalle parole stesse di Simeoni. Nel quarantennale dei fatti di Aleria, Simeoni stesso traccia un bilancio: «La vicenda che ha segnato la nascita del nazionalismo corso moderno è stata la rivolta di Aleria, che ha avuto luogo il 22 agosto 1975. Questo episodio si iscrive nella resistenza secolare del popolo corso, che nonostante tutto non ha mai accettato passivamente la dominazione straniera. Aleria ha semplicemente dimostrato che la nostra lotta contro il colonialismo francese non avrebbe potuto avere successo con lo scontro armato a viso aperto. La rivolta di Aleria ha consolidato il processo iniziato negli anni Sessanta, che rivendica l’autonomia politica, culturale ed economica dell’isola. Il suo orientamento politico è decisamente progressista e umanista… Lo Stato, dal canto suo, ha risposto con la repressione spietata, con la creazione di una polizia parallela che ha realizzato 60 attentati, tutti regolarmente impuniti». Gli spunti qui proposti sono molteplici e saranno affrontanti più avanti nella trattazione. Ma cosa accadde ad Aleria?

Henri Depeille era un pieds noir, tornato in Corsica dall’Algeria negli anni Sessanta. Depeille aveva una tenuta agricola ad Aleria e produceva vino. A causa di alcune difficoltà economiche, strinse un accordo per la vendita di una quantità esagerata di vino a una società parigina. Quest’ultima fallì proprio a causa dello scellerato patto con Depeille che non aveva tenuto fede agli accordi. Il fiasco trascinò con sé la società vinicola di Mattei, un isolano membro dell’ARC. L’impressione fu enorme. Era l’ennesimo abuso contro i corsi. Ad agosto si tenne l’annuale congresso dell’ARC e il discorso di Simeoni, davanti a ottomila persone, fu memorabile. Ne riportiamo due stralci: «L’autonomia non ci sarà concessa. Dovrà essere conquistata. Considerate gli interessi in gioco e l’importanza del risultato: da una parte lo Stato francese, sordo, cieco e affidatosi alle sue alleanza locali. Ha interessi strategici ed economici importanti. Lo Stato francese è condannato ad avere un ruolo repressivo! Dall’altra parte, il popolo corso, adesso pronto e determinato a garantire a ogni costo la sua sopravvivenza, a oggi messa in pericolo. Il popolo corso è destinato a ribellarsi!». Simeoni proseguì ponendo una serie di domande: «… siete pronti a stare al nostro fianco nella lotta dura e impari che ci aspetta? Siete pronti a supportarci finanziariamente? Siete pronti a darci i mezzi necessari per trasmettere il nostro messaggio? Siete pronti a dar vita a scioperi e dimostrazioni se saremo arrestati? Siete pronti a continuare una lotta spietata se verremo uccisi?».

Fu dopo questo infiammato discorso che i vertici dell’ARC, e Simeoni in testa, decisero di portare avanti un’azione dimostrativa con cui convincere il governo a dialogare. Il 21 agosto la casa di Depeille venne occupata. Simeoni e l’ARC chiedevano la liberazione di un loro compagno di lotta, Dominique Capretti, e la certezza che le autorità francesi perseguissero i responsabili del caso Depeille. Il ministro degli Interni Poniatowski, il prefetto Gilly e il sottoprefetto di Bastia Guerin optarono, in tutta risposta, per una dimostrazione di forza. Vennero schierati milleduecento CRS con elicotteri e mezzi blindati. La tensione salì a dismisura. Oramai né l’ARC né il governo erano padroni della situazione. Ci fu così un conflitto a fuoco. Morirono due poliziotti e venne ferito gravemente un militante dell’ARC. Fu Simeoni a gestire l’uscita dei suoi sodali dalla casa di Depeille. I membri dell’ARC vennero fuori armi in pugno, ma non ci furono altri incidenti. Simeoni fu arrestato e il suo caso passato alla Cour de sûreté de l’État. Fu sciolto d’imperio l’ARC, ma al suo posto sorse subito l’Associu di i Patrioti Corsi. A sostegno di Simeoni e degli altri prigionieri vennero organizzate diverse manifestazioni nel corso del 1976 e fu anche inviata una richiesta di grazia al presidente della Repubblica Giscard d’Estaing. Il processo durò più di un mese, dal maggio al giugno del 1976. Simeoni non fu ritenuto colpevole delle accuse più gravi, ma fu comunque condannato a tre anni di carcere per istigazione.

L’USCITA DI PRIGIONE E IL GRAN RITORNO

Ancora una foto di Simeoni durante la rivolta di Aleria

I tre anni di prigione furono in realtà pochi mesi. Già a gennaio del 1977 Simeoni era libero. L’accoglienza trionfale a Bastia testimoniò l’affetto dei corsi. Il suo ritorno nell’arena politica fu caratterizzato da un atteggiamento cauto, nonostante venisse considerato una sorta di eroe e martire. Simeoni rimase ai vertici dell’APC, ma il movimento era in crisi. Superato a sinistra dal Fronte di u Populu Corsu, la base giovanile dell’APC era, invece, attirata dal Fronte di Liberazione Nazionale Corso, nato poco dopo i fatti Aleria. Per ribaltare la situazione, Simeoni pronunciò un altro importante discorso il 14 agosto 1977, durante il congresso dell’APC a Furiani, nel quale attaccò il FLNC. Pur riconoscendone la natura patriottica, il Fronte aveva commesso l’errore di abbracciare la violenza. E, così facendo, aveva fatto il gioco di Parigi. Simeoni sostenne anche che il problema corso fosse non più materiale, ma spirituale e storico.

Inondare l’isola di soldi, spesso sperperati e finiti nelle tasche di potenti clan famigliari, era totalmente inutile. Simeoni annunciò anche di aver chiesto a Mitterand di inserire nel programma delle sinistre l’impegno a garantire l’autonomia corsa. Nelle future presidenziali, Simeoni voleva giocarsi le proprie carte. Scrisse anche al comunista Marchais, ma non ottenne una risposta soddisfacente. Era un discorso di rinnovamento, il primo da quando Simeoni era uscito dal carcere. L’APC aveva fatto il suo corso e, infatti venne trasformato in Unione di u Populu Corsu nell’aprile del 1978. L’UPC era un partito vero e proprio con circa millecinquecento militanti e un ufficio politico come vertice. Per sostenere il nuovo progetto vennero anche pubblicati «I Quaterni di l’Unione», una sorta di giornale che insisteva molto sul concetto di colonialismo francese.

Nel 1979 ci fu un riavvicinamento con il FLNC, dopo la rottura del 1977. Simeoni, infatti, si mosse a favore del Fronte. Fece sentire la propria autorevole voce per cercare di liberare Mathieu Dominique Filidori, Francois Lorenzi e Jean-Paul Roesch, tre militanti del FLNC condannati a tredici anni di carcere per attività terroristiche. Il verdetto fu considerato da Simeoni e dall’UPC un attacco dello Stato francese e l’ennesimo esempio di colonialismo parigino.

In questo clima di tensione, Simeoni fu il protagonista di un altro episodio storico a cavallo tra 1979 e 1980. L’UPC scoprì che alcuni militanti del Front d’action nouvelle contre l’indépendance et l’autonomie , il cosiddetto gruppo F.R.A.N.C.I.A, avevano messo nel mirino un membro del partito di Simeoni, Marcel Lorenzoni. F.R.A.N.C.I.A era un gruppo considerato da molti una polizia parallela creata per combattere sul suo campo il FLNC. Per proteggere il proprio compagno, alcuni militanti dell’UPC organizzarono ronde armate a Bastelica, villaggio dove risiedeva Lorenzoni, con lo scopo di proteggerlo. Proprio durante uno di questi giri d’ispezione vennero fermati tre uomini pesantemente armati, appartenenti al gruppo F.R.A.N.C.I.A. Furono così «arrestati» dai membri dell’UPC. Sul posto si precipitò Simeoni che interrogò i tre e si rivolse alla prefettura e alla stampa. Bastelica divenne per qualche giorno un territorio dell’UPC. La gendarmeria, temendo incidenti, aspettò a entrare in paese e lo fece solo quando furono messe a disposizione alcune jeep blindate. Ma oramai i militanti dell’UPC e i loro prigionieri si erano eclissati. Ricomparvero nel centro di Ajaccio, all’hotel Fesch. L’albergo fu stretto d’assedio dai CRS. La tensione era massima e vennero sparati alcuni colpi. Morì un poliziotto e ne vennero feriti altri tre. Qualche giorno dopo, nella notte tra 9 e 10 gennaio 1980, due cittadini vennero uccisi a un posto di blocco della gendarmeria. Il 13 gennaio la popolazione di Ajaccio scese pacificamente in piazza per chiedere la fine dell’assedio al Fesch. I tre prigionieri vennero rilasciati.

Simeoni fu uno dei protagonisti di quei tragici giorni che testimoniarono anche la forza dell’UPC. Simeoni non era contrario all’uso di mezzi fuorilegge per combattere organizzazioni illegali, come F.R.A.N.C.I.A, da lui ritenuta una polizia parallela usata per istigare la violenza e provocare uno stato di guerra civile.

GLI ANNI OTTANTA E NOVANTA. ULTERIORI SVILUPPI

Le elezioni del 1981 videro il movimento autonomista schierarsi compatto contro Giscard d’Estaing. Così la vittoria di Francois Mitterand venne accolta con tiepido favore. Il candidato socialista approvò una specie di statuto speciale per la Corsica e abolì la Cour de sûreté. Questo organismo speciale era diventato una sorta di tribunale speciale per i corsi visto che su trentacinque casi pendenti, ventidue avevano come imputati degli isolani. Le aspettative, tradite, su Mitterand erano discretamente alte proprio per questo. Il 9 agosto 1981 Simeoni tenne un discorso a Corte, in occasione di un congresso dell’UPC. Il leader autonomista disse che si era aperta una breccia all’interno del sistema politico e che la democrazia in Corsica si sarebbe così sviluppata. Ma il governo doveva tenere fede alle sue promesse, cosa che non fece.

Nello stesso 1981 Edmond Simeoni venne eletto all’Assemblea di Corsica. Fu il suo primo incarico politico ufficiale. In quegli anni maturò anche un pensiero più maturo sul rapporto con il FLNC. La sua idea venne messa nero su bianco in un articolo intitolato «La Corsica che resiste», pubblicato nel 2010. Simeoni scriveva: «Pur disapprovando i suoi metodi violenti, bisogna riconoscere che il Fronte di Liberazione Nazionale di a Corsica (FLNC) ha subito una dura repressione e ha difeso tenacemente la nostra terra». Una presa di posizione netta e lontana dalle ambivalenze del passato.

Nel 1987 Simeoni venne confermato all’Assemblea di Corsica, ma si dimise nel 1991. Dagli anni Novanta si concentrò sulla sistematizzazione del «Riacquistu» e sulla diaspora. Quest’ultima era, per Simeoni, una risorsa umana, politica ed economica. Creò l’Associazione dei Corsi nella diaspora e l’organizzazione Amis de la Corse. Con il nuovo millennio, Simeoni perseguì con ancora più forza le sue battaglie ecologiste. Lottò a lungo contro il PADDUC, un piano regolatore partorito a Parigi e si impegnò per l’approvazione della Loi Litoral, una legge che aveva l’obiettivo di proteggere la costa dagli attacchi degli speculatori edilizi.

Gli anni immediatamente precedenti alla sua morte, avvenuta il 14 dicembre 2018, furono caratterizzati da un costante impegno politico. La gioia per la prima vittoria dei nazionalisti, guidati dal figlio Gilles, all’Assemblea di Corsica, fu contrastata dal giudizio negativo su Macron. Simeoni scrisse: «Soltanto una persona in malafede può sostenere che il signor Macron abbia dimostrato di capire il problema della Corsica: il suo atteggiamento freddo e distante non lascia dubbi. Ha indossato la maschera che gli tornava più adatta per la sua strategia… In realtà si trattava del solito nazionalismo francese, tetragono e prepotente… Noi sappiamo che la scelta dello status quo, imposta da Macron e sostenuta dagli esponenti più conservatori della politica locale, nega al popolo corso il riconoscimento della sua identità e del suo diritto all’autogoverno. In altre parole, una condanna a morte». Anche in vecchiaia Simeoni non perse mordente. Lo si nota in una intervista del 11 dicembre 2016 a Constant Sbraggia di «In Corsica». Simeoni usò toni duri contro la Francia, definita «sorda, muta, assente». Parigi rimaneva una potenza imperialista e la Corsica una colonia, anche nel nuovo secolo.

Si può dire che dal 6 agosto 1934 al 14 dicembre 2018 sia cambiato il mondo, ma non la Corsica. Nella sua vita, Edmond Simeoni ha lottato per avere una Corsica autonoma, democratica e libera. Per farlo è sceso a compromessi, ha fatto errori e sbagli convinto del fatto che l’isola avrebbe potuto rinascere solo con maggiori diritti politici. Ma quando è venuto a mancare, il movimento nazionalista corso era ancora ingabbiato dalla politica centralista di Parigi. Nonostante le sconfitte, Simeoni è a buon titolo considerato il padre dell’autonomismo corso. Le sue lotte e la sua stessa esistenza sono state da esempio alle nuove generazioni di isolani. Ora che il cammino verso l’autonomia sta faticosamente ricominciando, nel pantheon dei nazionalisti corsi c’è, un paio di gradini sotto l’irraggiungibile «Babbu di a Nazione» Pasquale Paoli, Edmond Simeoni.