Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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«A me fascio? Io fascio? A zoccolè, io mica so’ comunista così, sa! So’ comunista cosìììì !!!». È l’estate del 1979 quando Mario Brega rende immortale il papà di Ruggero dinnanzi alla cinepresa di «Un sacco bello». La sequenza più citata del film è senza dubbio quella che mostra un anziano comunista reagire con veemenza alla più grave delle infamie: quella di chi vorrebbe annoverarlo tra i suoi nemici di sempre, quelli più odiati. Ma se la giovane hippy di borgata se la cava con un epiteto poco elegante, non possono dire lo stesso quei ragazzi torinesi che qualche mese prima sono incappati nella furia spietata del «compagno Michelangelo».
Questa è una storia che non si svolge in un film ma in piazza Vittoria a Torino, il 30 maggio 1979. È quasi mezzogiorno e un gruppo di ragazzi poco più che adolescenti sta giocando a pallone nelle immediate vicinanze di una panchina. A godersi la tranquillità di quel posto a sedere vi è il settantasettenne Michelangelo Naccari, intento a leggere il proprio giornale sotto i raggi del sole. A poco a poco, la quiete di quel tardo mattino inizia a vacillare. Il gruppo di giovinastri diviene sempre più chiassoso e invadente. Grida, schiamazzi, pallonate. Il signor Naccari posa il giornale, si alza in piedi e incamminatosi verso i ragazzi inizia a far loro una ramanzina.
I giovani lo ignorano, alcuni lo deridono, altri rispondono con tono irrispettoso. Il pensionato perde la pazienza ed esibisce con orgoglio la sua spilla del PCI: «Voi non avete rispetto! Io ho fatto la Resistenza! Io ho combattuto per questo Paese e voi lo state rovinando!». Tra le risa generali, uno dei ragazzi risponde: «Ma va che sei comunista solo a parole. Li conosciamo i fascisti come te!». Dopo aver udito la parola «fascista» il signor Naccari perde le staffe: «Io a casa ho la pistola, adesso torno e vediamo se hai il coraggio di ripetere!».
I ragazzi se la ridono senza prendere sul serio la minaccia. Dopo alcuni minuti il Naccari torna in piazza impugnando una Beretta 6,35. «Chi è il fascista adesso?! Eh? chi è il fascista!?». Il gruppo si dà immediatamente alla fuga ma l’anziano prende la mira e spara. Franco Francone, 17 anni, apprendista barman, viene raggiunto dal proiettile ad una spalla. Cade a terra tra le grida di panico dei passanti. «Chiamate la polizia! Un pazzo sta sparando contro i ragazzi!». Una volante nei paraggi accorre immediatamente. Gli agenti immobilizzano l’anziano e dopo averlo disarmato lo trascinano nel veicolo.
Qualche ora dopo, il ragazzo ricoverato in ospedale accetta di rilasciare una dichiarazione alla stampa: «Stavamo scherzando, eravamo un gruppo di ragazzi. A un certo punto è arrivato Michelangelo Naccari. Lo conosciamo da tempo, a volte si mette a suonare la chitarra. Ci ha detto che disturbavamo, che eravamo degli scioperati. Noi lo abbiamo preso in giro. Era un gioco, anche quello, per combattere la noia».