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Qualche notizia sul periodo di Putin a Dresda

Redazione Spazio70

L'agiografia riporta gli anni felici in riva all'Elba, i fine settimana fuori porta con una Lada verde, i picnic in campagna. La realtà dev'essere stata un po' diversa, soprattutto per il lavoro che impegnava l'allora capitano del Kgb

di Gianluca Falanga*

Quando arrivò da Leningrado nell’agosto 1985 era un capitano del Kgb di 33 anni in forza al Primo Direttorato (intelligence esterna, spionaggio), sposato da meno di due anni con la hostess dell’Aeroflot Ljudmila Škrebneva, padre di una figlia appena nata, Masha, e in attesa della seconda, Katja. Prese servizio nella piccola residentura del Kgb in Angelikastraße 4, un nucleo di appena 8 funzionari (alla residentura di Berlino-Karlshorst, la più grande a ovest dell’Urss, vi lavoravano più di 1000 uomini) in collegamento con i compagni tedeschi dell’amministrazione distrettuale della Stasi nella vicinissima Bautzener Straße. A Dresda ci rimase cinque anni, fino a che non fu richiamato in patria e rientrò a Leningrado nel febbraio 1990 col grado di tenente colonnello.

L’agiografia riporta che la famiglia Putin trascorse in riva all’Elba i suoi anni più felici. La mattina Wolodja portava le bambine al nido prima di recarsi a lavoro, a pranzo rientrava a mangiare con la moglie nel loro modesto appartamento, due camere e cucina, al civico 101 di Radeberger Straße. Nei fine settimana gite fuori porta con una Lada verde, picnic in campagna o escursioni sui monti della vicina Svizzera sassone. La realtà dev’essere stata un po’ diversa, innanzitutto per il lavoro che impegnava Putin; in secondo luogo Ljudmila si confidava con un’amica, una collega del marito, Lena S., cittadina della DDR di origini baltiche che parlava perfettamente il russo e faceva l’interprete alla residentura del Kgb. Con lei Ljudmula sfogava la frustrazione per i frequenti tradimenti di Wolodja e le furibonde litigate che sfociavano anche in episodi di violenza domestica. Lena la consolava e lo segnalava. A Pullach, in Baviera. Perché Lena S. era una spia del Bnd.

LA GESTIONE DI AGENTI SOVIETICI OPERANTI A OVEST

Putin ai tempi del Kgb

Traducendo per Putin, che ancora il tedesco non lo padroneggiava, e per il suo superiore, un colonnello, durante i frequenti colloqui con i funzionari della Stasi, la donna si trovava in una posizione ideale per carpire informazioni non solo sulla vita privata di un ufficiale del Kgb, ma anche e soprattutto sugli incarichi di Putin, che operava sotto duplice copertura, nella Germania orientale come responsabile organizzativo della Casa dell’Amicizia tedesco-sovietica di Lipsia, nella Germania occidentale come uomo d’affari in trasferta per conto di grandi imprese di Stato sovietiche. Da documenti della Stasi, testimonianze di ex ufficiali del Kgb e fonti occidentali americane e tedesche emerge almeno una parte delle sue reali e molteplici attività.

Putin gestiva una serie di agenti sovietici operativi sul territorio della Repubblica federale nel settore dello spionaggio militare contro strutture Nato e americane. Gli fu affidata nello specifico la costruzione di una rete di osservazione per spiare la base delle Special Forces Usa di Bad Tölz e le installazioni di addestramento di Wildflecken e Munsterlager, con risultati pare non giudicati soddisfacenti. L’acquisizione di fonti, l’individuazione di potenziali nuovi confidenti e agenti era comunque uno dei suoi compiti principali: sappiamo che ingaggiò ex cittadini della DDR espatriati all’ovest, anche se ostili al socialismo ma simpatizzanti della Perestrojka di Gorbacëv, studenti della Technische Universität provenienti da vari paesi extraeuropei, soprattutto figli di personalità politiche o appartenenti alle classi dirigenti di quei paesi, con la prospettiva di riuscire a piazzarli in posizioni di vertice, partecipò anche a uno speciale programma segreto predisposto da Mielke nel 1986 per assicurare la sopravvivenza finanziaria e operativa di un nucleo di ufficiali della Stasi nell’eventualità di un collasso del regime tedesco-orientale. Putin aiutò a trasferire capitali all’ovest tramite una rete di imprese controllate dal Kgb.

GLI «SLEEPERS» ADDESTRATI DAL KGB

Inoltre, nel frattempo promosso a maggiore, reclutò e addestrò tedeschi orientali come agenti specializzati delle trasmissioni da destinare a impieghi operativi straordinari non meglio identificabili. Quest’ultima attività gli attirò le proteste formali del generale Horst Böhm, capo della Stasi a Dresda, come testimonia una nota del 29 marzo inviata al generale Širikov per lamentare la doppia acquisizione da parte dei sovietici di riservisti già confidenti della Stasi. La vera ragione del disappunto dei tedeschi era probabilmente un’altra: gli agenti sarebbero stati addestrati dal Kgb a Dresda come sleepers da attivare nel caso la DDR avesse cessato di esistere o di essere uno Stato socialista. In altre parole, i sovietici si preparavano a una crisi mortale della DDR, scenario evidentemente ritenuto possibile, per ritrovarsi attrezzati con una rete di informatori dalla Germania post-DDR.

Dresda era inoltre la sede della Robotron, la grande azienda di Stato produttrice di elettronica, una delle principali dell’intera area Comecon. Come tale, Dresda era anche il centro del mercato nero della tecnologia per aggirare l’embargo tecnologico imposto dai paesi occidentali, la cosiddetta lista CoCom. È assai probabile che Putin si sia occupato anche della supervisione e della protezione del contrabbando di componenti high-tech di produzione occidentale destinati a implementare l’industria elettronica sovietica e della DDR.

I DIMOSTRANTI AFFRONTATI ARMA IN PUGNO

Di tutto ciò erano informati l’interprete Lena S. e, attraverso di questa, il Bnd e i collegati americani. La talpa nella residentura di Dresda rimase attiva fino al 1989, quando la donna rimase incinta del colonnello caporesidentura. A Pullach erano intenzionati a conservarla anche in queste nuove condizioni tanto era preziosa, con la scusa di una gravidanza difficile, che richiedeva un consulto medico specialistico che poteva ottenere solo in Occidente, fu organizzato un incontro coi suoi gestori del Bnd a Berlino ovest, ma Lena chiese di essere ritirata. La doppia vita le pesava, non riusciva più a reggere la pressione. I tedeschi occidentali l’accontentarono e alla prima occasione buona fu trasferita in una località della Germania meridionale, dove poté rifarsi una vita protetta da una nuova identità.

Putin, intanto, assistette alla fine della DDR, che arrivò davvero. Si racconta che quando fu occupata dai dimostranti la centrale della Stasi in Bautzener Straße, la sera del 5 dicembre 1989, alcuni si presentarono anche davanti ai cancelli della villetta del Kgb, pretendendo di entrarvi. Putin, intanto avanzato a vicecapo residentura, sarebbe uscito ad affrontarli, secondo taluni pistola in pugno, intimando di non violare la soglia, perché quello era territorio dell’Urss, e di sciogliere immediatamente l’assembramento. Pochi mesi dopo, il richiamo a Leningrado. La sua ultima operazione a Dresda, l’organizzazione di una rete di agenti composta da ex funzionari della Stasi, fallì per il tradimento di uno di questi, che si consegnò al Verfassungsschutz a Colonia, facendo saltare tutto.

Di più, data la scarsità del materiale Stasi disponibile a riguardo e l’inaccessibilità degli archivi Kgb in Russia (integrati negli archivi del Fsb), non è dato sapere. Almeno per il momento.

* Storico e ricercatore, Falanga ha pubblicato numerosi lavori sulla Stasi e la DDR. Il suo ultimo libro – Non si parla mai dei crimini del comunismo – è uscito poche settimane fa per Laterza.