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Nazisti vs stalinisti. La riorganizzazione dei Servizi segreti tedeschi nella Germania divisa

Redazione Spazio70

Nel secondo dopoguerra, i Servizi d'intelligence delle due Germanie si riorganizzarono su basi opposte: a Ovest vennero riciclati ex funzionari nazisti, a Est furono formati quadri fedeli a Mosca. Una sfida silenziosa tra due modelli di potere, all’ombra della Guerra fredda

di Gianluca Falanga©

Nei decenni della Guerra fredda, i Servizi segreti delle due Germanie si misurarono e combatterono, schierati sui due fronti opposti del conflitto. Il Bundesnachrichtendienst (BND) della Repubblica federale tedesca e il Ministero per la Sicurezza dello Stato (Stasi) della Repubblica democratica tedesca sono stati due player importanti nella guerra segreta dello spionaggio e della belligeranza coperta che caratterizzò l’epoca che va dalla fine della Seconda guerra mondiale alla caduta del Muro di Berlino.

Non solo: essi sono stati anche, all’interno dei due Paesi, un fattore influente nella gestione e stabilizzazione del potere nei rispettivi sistemi politici. Nell’immediato dopoguerra, gli apparati di sicurezza e informativi delle due Germanie sorsero dalle ceneri degli apparati di sicurezza del Terzo Reich, i quali non erano solo stati annientati e disciolti, bensì dichiarati dagli Alleati organizzazioni criminali per il loro coinvolgimento negli immani crimini del regime nazista e processati a Norimberga. Una chiave di lettura per raccontare la riorganizzazione dei Servizi segreti tedeschi postbellici è quella del ritratto generazionale e delle traiettorie biografiche.

Per dirla in maniera più semplice e diretta: chi e con quale personale furono riorganizzati i Servizi nelle due Germanie, tenendo conto dei diversi orientamenti politici e ideologici dei due sistemi, da un lato (ovest) la democrazia parlamentare liberale d’ispirazione anglosassone, dall’altro (est) una dittatura di partito comunista sul modello sovietico. Un’altra questione di grande interesse è quanto incisero su quelle organizzazioni sia la tutela delle superpotenze di riferimento, Usa e Urss, sia il bagaglio di esperienze che la prima generazione di dirigenti e funzionari portava con sé della drammatica storia tedesca della prima metà del Novecento.

GLI «UOMINI DI HIMMLER». LE RADICI DEL BND

Reinhard Gehlen dopo la cattura da parte delle forze americane nel 1945

Cominciamo dalla Repubblica federale tedesca. La recente apertura degli archivi dell’Organizzazione Gehlen (dal 1956 BND) limitatamente al periodo 1945-1968 ci ha dato le fonti necessarie a smontare il mito, ancora oggi molto popolare, del generale nazista Reinhard Gehlen, capo dello spionaggio militare tedesco sul fronte orientale, che offrì in dote agli americani gli archivi della sua agenzia, nascosti sulle montagne della Baviera, ottenendo in cambio l’opportunità di formare e dirigere un proprio Servizio segreto sotto egida americana, la cosiddetta Organizzazione Gehlen.

Oggi sappiamo che Reinhard Gehlen, divenuto nel dopoguerra uno dei principali capospioni della Guerra fredda, fu tutt’altro che un asso dell’intelligence e nel 1968, costretto ad andare in pensione perché sfiduciato per i numerosi scandali in cui era rimasto coinvolto il suo Servizio e per le deplorevoli condizioni di inefficienza e disorganizzazione in cui questo versava negli anni Sessanta, concordò con la direzione del BND le sue memorie autobiografiche (in verità non scritte da lui, bensì un ghost writer, un giornalista a libro paga dell’Agenzia).

La versione dei fatti pubblicata nel 1971 in traduzione italiana col titolo Memorie di una spia, che doveva fungere da mito fondativo dell’intelligence tedesca postnazista, era frutto di un’accurata manipolazione dei fatti storici:

— Gehlen non era il capo dello spionaggio nazista sul fronte orientale: dal 1942 al 1945 fu a capo della Fremde Heere Ost, una struttura incardinata nello Stato maggiore dell’esercito e incaricata di elaborare per i generali della Wehrmacht i cosiddetti rapporti situazione (Lageberichte) sul posizionamento e i movimenti sul campo dell’Armata rossa sovietica. Gehlen aveva dunque diretto una struttura di analisi, non aveva alcuna esperienza di lavoro di ricerca sul campo, compito che spettava ad altre strutture, per esempio alla Abwehr del famoso ammiraglio Canaris. E infatti l’interesse americano, nel 1946, non si concentrò tanto su Gehlen, ma piuttosto sul colonnello Hermann Baun, capo delle reti informative della Abwehr sul fronte orientale (nome in codice «Walli I»), affidando a quest’ultimo l’organizzazione di quella che diventerà di lì a breve l’Organizzazione Gehlen;

i fantomatici archivi che portò in dote agli americani erano una cinquantina di cassette di metallo contenenti una selezione di materiali e studi sull’Armata rossa e la dottrina militare sovietica, le informazioni furono giudicate dagli analisti americani approssimative, superate (non aggiornate) e dunque di assai modesto valore. Fra l’altro Gehlen non conosceva il russo e aveva conoscenze rudimentali sia dell’Urss sia dei metodi della raccolta informativa. Anche la fantomatica riattivazione di reti informative nell’est europeo era un falso, perché quelle reti non erano sue, ma di Baun;

Hermann Baun

— Gehlen non era un democratico, era un generale d’artiglieria della sua generazione: prussiano, elitario, patriottico. Non era un fanatico nazista, ma come tanti militari tedeschi dell’epoca giudicava legittima sia la politica hitleriana di «ripristino della dignità» tedesca dopo lo smacco di Versailles, sia la crociata antibolscevica contro l’Urss staliniana. Il mito della sua conversione democratica nel 1945, quando scelse di lavorare per gli americani, non corrispondeva a verità: i documenti dell’Organizzazione Gehlen ci svelano come la sua ambizione fosse quella di accentrare su se stesso il controllo di tutti gli apparati informativi della Repubblica federale, creando un Servizio di sicurezza che operasse sia all’estero sia all’interno, sul modello del Reichssicherheitshauptamt nazista. Furono gli angloamericani a intervenire nel 1949/50 per impedirgli di dare vita a una superagenzia della sicurezza con funzioni di polizia segreta, ma Gehlen riuscì comunque ad assicurare la propria posizione di potere stringendo un patto non scritto con il cancelliere Adenauer: il BND operava per proteggere la «democratura» di Adenauer con attività di dossieraggio e diffamazione degli avversari politici del cancelliere, in cambio Adenauer lo considerò intoccabile fino al 1960/61, quando gli scandali e la scoperta della pesante infiltrazione del BND ad opera del KGB e della Stasi lo fecero cadere in disgrazia.

Lo scandalo provocato dall’arresto di Heinz Felfe, un ufficiale tedesco del controspionaggio che per 10 anni era stato agente doppio del KGB, spinse Adenauer a meditare l’arresto di Gehlen per alto tradimento. Si scoprì in quel frangente che Gehlen aveva mentito agli americani e al suo governo, arruolando nel suo Servizio centinaia di funzionari nazisti coinvolti nei più infami crimini di guerra. All’inizio degli anni Sessanta, circa il 20% del personale del BND proveniva dalla Gestapo e dal Sicherheitsdienst (SD, il Servizio segreto delle SS): aveva le mani sporche di sangue, per la partecipazione a eccidi e massacri, ed era stato fra i carnefici diretti della Shoah.

Gehlen non fu arrestato, ma per salvarsi fu costretto a incaricare una commissione di giovani funzionari del Servizio, la cosiddetta Organizzazione 85, che sottopose ad approfondite verifiche i trascorsi degli «uomini di Himmler», come erano chiamati all’epoca i funzionari provenienti dagli apparati del Terrore nazista. I risultati delle indagini interne, che portarono anche all’allontanamento dal BND di una settantina di funzionari (non per ragioni etiche, ma perché ritenuti ricattabili da chi era a conoscenza del loro passato), sono stati tenuti segreti fino al 2010, quando il Governo Merkel ha infine deciso di renderli pubblici. Questi documenti ci permettono di ricostruire come Gehlen ricercò e acquisì di proposito il personale «himmleriano» ritenendolo esperto «specialista» del mestiere, fermamente anticomunista e «patriota».

Procedendo a grandi linee,

per il dossieraggio contro gli avversari politici di Adenauer e per emarginare gli antifascisti (grossolanamente considerati potenziali spie o «utili idioti» di Mosca), Gehlen reclutò i cosiddetti «parigini» (Oskar Reile, Heinrich Reiser, Hans Sommer): ufficiali della Gestapo, del SD e della Abwehr che avevano combattuto la resistenza francese, compiendo stragi di partigiani nella cosiddetta «lotta alle bande»;

Hans Sommer

per l’attività informativa oltrecortina, Gehlen riattivò i cosiddetti «esperti» dell’Istituto Wannsee e veterani dei famigerati squadroni della morte (Einsatzgruppen SS) che avevano partecipato, anche con incarichi di comando, a «operazioni speciali» nei territori invasi dell’Urss. L’istituto Wannsee era stato un centro di analisi del SD funzionale ai piani nazisti di conquista del cosiddetto «spazio vitale» a est (Generalplan Ost), produceva studi e dossier per gli uffici che organizzavano le deportazioni, lo sterminio e lo sfruttamento delle popolazioni sottomesse. Quanto alle «operazioni speciali», nell’Organizzazione Gehlen operavano allora elementi come Walter Kurreck, Emil Augsburg e Rudolf Oebsger-Röder, che in guerra avevano comandato unità SS nell’operazione Zeppelin, consistente nel reclutamento di collaborazionisti fra i prigionieri di guerra sovietici per azioni di ricognizione e sabotaggio dietro le linee del fronte. Chi sopravviveva alle rischiosissime missioni e non rimaneva ucciso dai sovietici, veniva poi liquidato dalle SS. Fra i collaboratori del BND troviamo anche Sigfried Nickel, che aveva avuto un ruolo importante nell’Azione Heu, il rapimento di circa 50.000 bambini polacchi per schiavizzarli e/o arianizzarli, e Fritz Zietlow, che aveva invece partecipato all’Operazione speciale 1005 ovvero aveva fatto parte di uno dei commando di occultamento degli omicidi di massa effettuati dalle SS in Russia e in Ucraina mediante esumazione e cremazione dei cadaveri.

Nel comparto del controspionaggio, Gehlen permise che si ricreassero interi uffici degli apparati di sicurezza himmleriani. L’esempio più impressionante è la cosiddetta «banda di Treviri» ovvero buona parte del personale della Gestapo di Treviri negli anni Trenta e Quaranta, molti dei quali avevano partecipato a eccidi e operazioni di eliminazione di ebrei e altri civili con le SS-Einsatzgruppen (il cosiddetto Osteinsatz, «missione a est», che tutti i funzionari di polizia erano tenuti ad assolvere nel corso della guerra). Fra questi c’era anche Carl Schütz, ex capitano delle SS, che diresse a Roma, nel marzo 1944, le uccisioni dell’eccidio delle fosse Ardeatine.

I documenti declassificati negli Stati Uniti ci dicono che gli americani erano a conoscenza della politica di reclutamento di Gehlen, che aveva il carattere di una vera controdenazificazione, una reazione alla denazificazione alleata. Gli americani, che in principio controllavano totalmente l’Organizzazione Gehlen come una sottoagenzia d’intelligence americana, non ne erano affatto contenti, talvolta intervennero, più spesso lasciarono correre, in singoli casi ne approfittarono anche loro per i propri scopi o informarono Adenauer prima di scaricargli l’Agenzia di Gehlen, perché non intendevano finanziarla oltre.

Carl Theodor Schütz

A motivare questa ambivalenza o contraddizione furono una serie di fattori: innanzitutto gli americani non erano un unico soggetto, ma una serie di istituzioni (esercito, segreteria di Stato, Difesa, CIA, Counter Intelligence Corps) con diversi interessi, idee e non di rado in concorrenza fra loro; secondo, l’intelligence è spesso appiattita sulle urgenze informative e di sicurezza del presente, il passato conta poco e se per avere una buona fonte bisogna parlare con un criminale di guerra, si mettono da parte l’etica e la decenza; infine, dal 1947 l’esigenza di combattere il comunismo fu considerata assolutamente prioritaria rispetto a quella di fare i conti col nazismo e in talune aree del mondo come il Sudamerica i criminali nazisti fuggiti dall’Europa avevano sviluppato ottimi contatti con ambienti militari ultraconservatori e clerico-fascisti, che Washington scelse di appoggiare negli anni Sessanta e Settanta, sostenendo regimi ferocemente anticomunisti. In queste operazioni il BND, anche dopo il pensionamento di Gehlen, fu uno dei partner principali della CIA.

GLI «ALLIEVI DI DZIERZINSKIJ». LE RADICI DELLA STASI

Venendo alla Germania orientale, l’apparato di sicurezza della Rdt ebbe una prolungata gestazione e poté nascere solo sotto strettissima tutela sovietica. Il regime della SED, il Partito-Stato della Rdt, poté dotarsi di una sua polizia segreta/Servizio segreto solo quando Stalin concesse la sua autorizzazione alla vigilia del Natale 1948. In precedenza, la sicurezza sul territorio della Germania orientale era stata monopolio dei Servizi segreti sovietici, i cui comandanti erano contrari alla formazione di un apparato di polizia segreta tedesco-orientale.

La decisione di Stalin li costrinse ad accettare la cosa loro malgrado, ma ottennero di poterne scegliere loro il personale (compreso la nomina del capo), di occuparsi direttamente del loro addestramento attraverso centinaia di istruttori e di controllarne l’operatività attraverso altrettanti consiglieri. Fino alla fine degli anni Cinquanta, la Stasi non lavorò tanto per la SED ma sotto guida e controllo sovietico, e in seguito, ritirati i consiglieri nel 1958, segmenti chiavi del Servizio (controspionaggio, intelligence militare ed estera, antiterrorismo) rimasero strettamente legati al KGB.

Per quanto riguarda il personale della Stasi, la prima generazione di cekisti tedeschi si componeva di vari gruppi di persone severamente selezionate e legate a doppio filo alla storia del movimento comunista tedesco e a quello degli apparati del Terrore staliniano. Il Partito comunista tedesco fu uno dei partiti comunisti europei più stalinizzato e dipendente dall’Urss, il partito era ossessivamente controllato da agenti sovietici e il suo apparato clandestino era legato ai Servizi segreti del Cremlino, che lo usarono come strumento per epurare a ripetizione il partito.

Walter Ulbricht (1946 circa)

Le dure battaglie contro la polizia e i nazisti nel periodo di Weimar forgiarono un’intera generazione di militanti comunisti, che all’avvento del potere di Hitler in parte emigrò nell’Urss in cerca di protezione, per partecipare alla costruzione del socialismo nell’Urss o per mettersi a disposizione del Comintern, in parte rimase in Germania per fare lavoro clandestino, finendo poi perseguitati, internati e incarcerati, o furono costretti a spostarsi altrove, per esempio combattendo nella Guerra civile di Spagna con le Brigate internazionali antifasciste.

Nell’Urss di Stalin i comunisti tedeschi finirono nel tritacarne delle epurazioni del Grande Terrore. L’esperienza della doppia repressione subita da Hitler e Stalin fu il trauma costitutivo del gruppo dirigente della Rdt, composto di comunisti sopravvissuti alla guerra, alla prigionia, alla clandestinità e alle Grandi purghe (spesso, come i dirigenti della SED Walter Ulbricht e Wilhelm Pieck, guadagnandosi la fiducia di Stalin con la complicità, denunciando e facendo arrestare ed uccidere i propri stessi compagni). L’antifascismo divenne una dottrina di Stato, un culto pseudoreligioso che esaltava il sacrificio di sangue dei comunisti nella resistenza contro i nazisti, le repressioni subite nell’Urss furono invece ostinatamente taciute fino al 1990.

Fin dal 1943 le autorità sovietiche e i Servizi sovietici cominciarono a preparare la formazione di personale tedesco per la futura ricostruzione degli organi amministrativi e di polizia di una Germania liberata, in caso di vittoria e occupazione sovietica. Molti futuri componenti della Stasi cominciarono la loro carriera nell’immediato dopoguerra come agenti di polizia e dirigenti incaricati di organizzare le forze dell’ordine sotto comando sovietico.

Nel febbraio 1950, quando fu costituito il Ministero per la Sicurezza di Stato della Rdt, la prima generazione di funzionari era formata da:

25% cosiddetti quadri «russificati», vale a dire tedeschi con cittadinanza sovietica. Molti avevano operato come agenti tedeschi per il Nkvd staliniano, erano stati spie sovietiche nel Partito comunista tedesco oppure militanti comunisti selezionati e addestrati dagli Istituti 99 e 100 (creati dopo lo scioglimento del Comintern) per operazioni di sabotaggio e a sostegno delle lotte partigiane in Bielorussia e Polonia. Fra questi vi erano i primi due ministri e capi della Stasi, Wilhelm Zaisser, il leggendario «generale Gomez», comandante della XIII Brigata internazionale nella guerra civile spagnola, uomo che godeva di grande stima e fiducia presso la dirigenza dei Servizi segreti sovietici, che gli avevano affidato svariate missioni segrete in giro per il mondo a sostegno delle rivolte locali, per esempio in Manciuria e in Siria, e Ernst Wollweber, sabotatore professionista inquadrato nell’apparato militare clandestino del Partito comunista, aveva assolto compiti di collegamento per il dipartimento di sabotaggio dell’Armata rossa operante nella Germania di Weimar e negli anni Trenta aveva diretto un’organizzazione segreta del Nkvd che effettuava sabotaggi su scala mondiale ai danni delle navi di Stati fascisti. Quadri «russificati» della prima generazione di ufficiali della Stasi erano anche Joseph Gutsche, che aveva addirittura partecipato alla Rivoluzione d’Ottobre inquadrato nelle Guardie rosse, e Arthur Hofmann, militante comunista emigrato nell’Urss all’inizio degli anni Trenta, spia del Nkvd nelle acciaierie a Sverdlovsk, arrestato e torturato dalla stessa polizia segreta staliniana, che lo risparmiò addestrandolo come agente paracadutista. Sopravvissuto a missioni kamikaze nella Polonia occupata dai nazisti, fece carriera nella Rdt, prima in polizia, poi nella Stasi come capodivisione della sorveglianza nelle fabbriche.

Ernst Wollweber

30% detenuti politici rilasciati dai lager e dalle prigioni naziste. Esemplare il caso di Otto Walter, lunga militanza comunista, deputato al Reichstag, dieci anni in diversi lager nazisti, dal 1949 braccio destro del futuro ministro Erich Mielke e poi storico viceministro della Stasi fino al 1983 col rango di generale. Numerosi alti ufficiali della Stasi erano sopravvissuti al lager di Buchenwald, per esempio Rolf Markert (ma il suo vero nome era Helmuth Thiemann), militante comunista emigrato giovanissimo nell’Urss, tornato in Germania per fare attività clandestina per il Comintern, fu arrestato e internato in diversi lager nazisti. A Buchenwald, le SS lo reclutarono per l’operazione Zeppelin ma non fu inviato al fronte, dopo la liberazione del campo, partecipò all’organizzazione della polizia in Sassonia. Nel 1952 i sovietici lo accusarono di avere collaborato coi kapò del lager, ma a differenza di altri fu graziato e poté fare carriera nella Stasi, diventando generale e storico capo distrettuale a Dresda.

— 30% prigionieri di guerra tedeschi rieducati al marxismo-leninismo nelle scuole di antifascismo nell’Urss (quadri per la futura polizia comunista e per il Comitato nazionale Germania Libera). Fino al 1949, presso le scuole da campo riservate a selezionati prigionieri tedeschi a Krasnogorsk, Orge presso Riga e Taliza furono ideologicamente «rieducati» fra i 15 e i 18mila soldati della Wehrmacht. Moltissimi di questi diventarono futuri agenti e funzionari di polizia della Rdt, una parte finì anche nella Stasi. Per esempio, Rudi Mittig, giovane soldato della Wehrmacht, catturato dai sovietici sul finire della guerra, restò prigioniero fino al 1949, venendo «rieducato» al marxismo-leninismo in una scuola di antifascismo. Rientrato in Germania, studiò ingegneria e dal 1952 entrò nella Stasi, facendo una brillante carriera, fino a diventare viceministro e, dal 1986, persino membro del Comitato centrale Sed.

15% giovani provenienti dalla gioventù hitleriana, che abiurarono il nazismo per prendere la tessera comunista, la SED fu il primo partito tedesco ad aprire le porte a ex membri delle organizzazioni naziste di rango medio-basso. Dal 1952-53, quando cominciò la prima fase di rapida espansione degli effettivi della Stasi, non volendo attingere agli «specialisti» nazisti, si preferì reclutare elementi più giovani da fare svezzare ai veterani. Rapidamente, nel corso degli anni Cinquanta, molti di questi fecero carriere lampo divenendo la maggioranza del personale. Esponenti di questo gruppo erano i cosiddetti tecnocrati, «intellettuali» che modernizzarono e professionalizzarono la Stasi nel periodo di reggenza di Erich Mielke, come il «cibernetico» Werner Irmler, il padre del moderno sistema di analisi e gestione delle informazioni della Stasi.

La trafila di esperienze traumatiche e la cultura sovietica del cekismo (culto di Dzierzinskij) forgiarono una mentalità fatta di odio, fanatismo, attitudine di lotta in una permanente guerra civile di classe, elitarismo, alla quale si unì la componente militarista-burocratica di matrice prussiana. La radicalità e l’ottusa intolleranza dello stalinismo si conservò nella Stasi molto più a lungo che in ogni altro settore della società tedesco-orientale, anche quando le nuove generazioni svilupparono un’attitudine impiegatizia che scalzò la postura soldatesca.

La presenza di personale nazista nel BND influenzò senz’altro la storia del Servizio segreto, non solo generando un atteggiamento omertoso che ha retto sino a pochi anni fa. Il BND fu a lungo una roccaforte di conservatorismo, mentalità antiliberale e ostilità alla maturazione democratica della società civile tedesca. Sul piano delle attività operative, basta ricordare che fu coinvolto in una serie di operazioni:

nel 1950 l’Organizzazione Gehlen organizzò indirettamente l’invio di veterani delle SS come consiglieri militari presso il regime siriano per sostenerlo nella guerra contro Israele;

nel 1965 il BND vendette armi al regime indonesiano del generale golpista Suharto, impegnato a realizzarlo il più grande massacro di comunisti della storia dopo le Grandi purghe staliniane.

Nel 1970-72 il BND vendette armi alla Colonia Dignidad, una setta di rifugiati tedeschi che dopo il golpe di Pinochet divenne un centro segreto di internamento, tortura e assassinio di dissidenti politici.