Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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«Aveva promesso: “Smetterò presto”. Ma la dipendenza lo ha spinto di nuovo a “bucarsi”. Ed ha fatto la fine — tragica e orribile — di tanti altri. Lo hanno trovato rannicchiato per terra ripiegato su sé stesso, vicino ad una panchina di un piccolo giardinetto a Monteverde. Sicuramente ha sofferto molto prima di morire così: chi gli ha venduto la dose forse l’aveva “tagliata” con la stricnina. Il ragazzo è stato assalito da atroci dolori addominali. Bruno M, 25 anni, è la terza vittima dell’eroina, nell’arco di un mese: l’undicesima dall’inizio di quest’anno. Il corpo del giovane è stato ritrovato ieri mattina poco dopo le 7 da una volante della polizia in servizio nella zona proprio di fronte alla clinica “Salvator Mundi”. Abitava in via Trebbio Littore, una strada che sta a poche centinaia di metri da dove è stato trovato. Viveva con i genitori che gestiscono un negozio di vini e olii, sempre a Monteverde in via Giovanni De Calvi.
“Si drogava da quando aveva sedici anni — dice il padre. — Aveva cominciato prima a fumare l’erba. Me lo sono visto annientare giorno dopo giorno sotto gli occhi. Non ho potuto fare niente per tirarlo fuori dal giro”. Dal giro, Bruno, era invece riuscito ad uscire anche se per breve tempo. Almeno aveva tentato, insieme con sua moglie, Daniela Pais (anche lei tossicodipendente), con la quale si era sposato da poco, aveva cominciato a frequentare il centro di Villa Maraini, un’organizzazione per la riabilitazione dei tossicomani gestita da un sacerdote, don Picchi. “Gli facevano fare le borse di cuoio — dice un suo amico — e questo, secondo loro, lo avrebbe dovuto portare fuori dalla droga”. Al di là dei giudizi di ciascuno sulla comunità, l’esperienza fatta nel centro era sembrata riuscire per qualche tempo a ridare fiducia al giovane che — come ricorda il padre -— aveva promesso che non appena avesse “smesso di bucarsi” sarebbe andato a lavorare al negozio. Il sostegno e la comprensione della famiglia, di suo fratello maggiore (ufficiale della Guardia di Finanza) non gli erano mancati. “Era un giovane – dice chi lo conosceva nella zona e lo conoscevano in molti — molto intelligente e vivace. Anche impegnato politicamente. Ma da quando era entrato nel giro, e lo si vedeva — aggiungono — dalla faccia inespressiva, si stava lentamente spegnendo”. L’altra notte, forse dopo una lunga astinenza, è arrivato lungo le mura Gianicolensi con il suo “vespone” grigio, e s’è fermato in un piccolo spiazzo dove ci sono le panchine. Era buio, non c’era nessuno. Ha preparato la siringa, s’è legato il braccio con un elastico. Forse la dose conteneva una quantità maggiore di eroina di quanto il suo fisico potesse sopportare, o forse era stata “tagliata” con qualche veleno: come la stricnina.
Questo è il lungo elenco del giovani morti a Roma, da gennaio, per droga. Si tratta solo di quelli finiti sulle pagine del giornali. Mancano tutte le morti più “silenziose”, ma che pesano egualmente:
— 16 febbraio. Muore Raniero P., 23 anni, manovale. La madre lo trova nel bagno dell’appartamento.
— 2 aprile. Giovanna S., 20 anni, madre di una bimba di 3, muore nel sonno dopo una iniezione di eroina. La sua morte viene scoperta dopo più di 12 ore.
— 8 aprile. Roberto P.. Impiegato Inps, 23 anni, viene trovato morto nella toilette della stazione di San Paolo.
— 22 giugno. Antonio D., 27 anni, operaio, stroncato dall’eroina a Pietralata.
— 28 giugno. Augusto C., 26 anni, napoletano, disoccupato, appena dimesso dall’ospedale del Santo Spirito. Muore su una banchina del Tevere.
— 5 luglio. Angelo P., 27 anni, si uccide in carcere durante una crisi di astinenza.
— 6 luglio. Carlo P., 36 anni, quattro figli e Claudia P., anche lei 36 anni, trasformano la loro auto in una camera a gas.
— 27 luglio. Maria Grazia F., 22 anni, madre di una bambina, muore in uno scantinato a Montesacro. Il ragazzo che era con lei si dà alla fuga.
— 2 agosto. Sergio B., 21 anni, meccanico, muore a Monte Mario.
In sette mesi, sono undici i ragazzi uccisi dall’eroina, secondo il triste elenco dei decessi “ufficiali” (ma ci sono tutte le altre morti “silenziose”, non registrate come tali). Undici dall’inizio dell’anno: ma di questi, sette sono morti da giugno a oggi, e tre nelle ultime tre settimane. C’è una brusca, tragica accelerazione. E’ anche questa una spia di quanto — e di come — il mercato dell’eroina si stia allargando in città, di quanti piccoli ghetti stia creando in ogni quartiere. Investe e ferisce decine di migliaia di persone: nell’ultimo anno è diventato un fenomeno di massa, uno dei modi di vita (e di morte) di questa città. Estendendosi, il mercato si è incarognito ancora di più. Chi “si fa”, ci spende venti, trenta o centomila lire al giorno per le sue dosi, sempre più non sa cosa troverà nella bustina, non sa cosa si butterà nelle vene. Non sa davvero quanta eroina pura ci sia, e quanto invece sia, e quale sia, il “taglio”: talvolta la sostanza aggiunta è la stricnina. Talvolta qualche altro veleno. Se è troppo, si muore.
E come sempre, l’eroinomane più povero, è quello meno garantito che rischia di più. Campanelli d’allarme ne sono suonati più volte. Suonarne altri è probabilmente inutile, forse controproducente. Si tratta oggi di riconoscere, da parte di tutti che c’è, nelle città, una situazione d’emergenza: e che gli strumenti usati per affrontarla si sono rivelati finora deboli, se non spuntati. E allora bisogna cercarne e pensarne altri, adeguati all’emergenza: senza moralismi, senza chiusure, senza pregiudizi, senza neanche assuefarsi al fatto che — mentre si tentano strade per la prevenzione — i tossicomani continuano a morire. Sempre di più».