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Possibile svolta nel caso Gregori: Sonia De Vito sapeva con chi Mirella si incontrò a Porta Pia il giorno della scomparsa, perché a quell’appuntamento ci sarebbe dovuta andare anche lei. La novità — che, se confermata, squarcerebbe la quarantennale coltre di omertà sulla vicenda — emerge dalle dichiarazioni di Giuseppe Calì, durante la sua audizione dell’11 luglio scorso davanti alla Commissione Parlamentare di Inchiesta impegnata a indagare non solo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, ma anche su quella di Mirella Gregori avvenuta a Roma il 7 maggio 1983.
L’uomo, allora ventisettenne, prestava servizio come cameriere al Bar Italia, il locale della famiglia De Vito teatro dell’ultimo incontro tra le due ragazze in quel drammatico sabato pomeriggio che lui ha ripercorso dentro San Macuto: «Lavoravo alla tavola calda. Era quasi finito il turno di lavoro, perché di solito alle quattro staccavo e andavo a casa a riposare […] scese Mirella e con Sonia se ne andarono un attimo in bagno e stettero dentro un quarto d’ora […] Poi sono uscite, ma non so cosa si fossero dette. Nel frattempo, mentre stavo al telefono con la mia ragazza, tuttora mia moglie, Mirella viene a salutarmi, dandomi una pacca sulla spalla. Quando mi sono girato dalla parte dell’uscita, ho visto lei e Sonia dalla parte del bar che hanno parlato per altri cinque minuti. Poi lei è uscita andando a destra, dal lato del monumento al Bersagliere. A sinistra c’è Villa Torlonia, ma lei è andata via a destra da sola».
A questo punto Calì, senza che i commissari facessero domande, ha proseguito con un’informazione inedita e clamorosa: Cosmo De Vito, padre di Sonia, bloccò la figlia. «Ricordo un altro particolare. Il padre disse a Sonia: “Tu dove devi andare? Giuseppe alle quattro deve staccare per riposarsi e tua madre deve stare qui” (questo perché, anche se la tavola calda era chiusa, se veniva qualcuno a qualsiasi ora andava servito). “Tu devi stare lì ai caffè, altrimenti chi c’è?” […] Quel particolare mi ha un po’ colpito. Il fatto che lui abbia insistito dicendo: “Dove vai? No, tu non vai da nessuna parte”».
Dopo una breve domanda del presidente Andrea De Priamo – «Questo a Sonia?» – l’ex cameriere ha formulato la sua scioccante ipotesi: a Porta Pia sarebbero dovute andare tutte e due. «Ho pensato che dovessero andare entrambe a questo appuntamento. Solo Sonia non si è potuta spostare e, nel frattempo, tra il bagno e quel momento Sonia le avrà detto: “Vai tu!”. Perché ho visto la faccia di Mirella, diversa da prima. Evidentemente, non si aspettava di dover andare da sola all’appuntamento.»
Una ricostruzione pesante come un macigno. Perché rafforza il documento del Sisde secondo il quale Sonia conoscerebbe il responsabile della sparizione dell’amica. «Certo… lui ci conosceva, contrariamente a noi che non lo conoscevamo… quindi poteva fare quello che voleva… Come ha preso Mirella, avrebbe potuto prendere anche me visto che andavamo insieme» disse a un’amica il 26 ottobre del 1983, all’interno del bar, dove era presente una fonte dei nostri 007 che annotò quelle frasi, portate a conoscenza del pubblico da chi vi scrive nel 2016, ma ignorate dagli inquirenti nonostante la loro importanza.
Quando furono pronunciate, non c’erano ipotesi sulla scomparsa di Mirella Gregori. Nessun indagato, nessun sospetto, nessuna pista sulla stampa. Dunque, perché Sonia De Vito identificò l’artefice in un lui che, oltretutto, conosceva entrambe? La risposta è semplice: perché sapeva con chi Mirella aveva appuntamento quel giorno, tanto più che ci sarebbe dovuta andare anche lei.
Tra l’altro, se così non fosse, per quale motivo suo padre l’avrebbe richiamata ai suoi doveri, impedendole di uscire dal bar? Cosmo De Vito, secondo la descrizione di Calì, non era per niente coercitivo verso i movimenti della figlia. Tutt’altro: «Non è che le proibisse qualcosa. Le diceva solo di fare attenzione e di rientrare in orario, ma la lasciavano andare». Una libertà condivisa con Mirella. Le due trascorrevano tanto tempo assieme, la gran parte fuori casa. Un rapporto dove «”guidava” Sonia, perché era più grande; Mirella un po’ meno» per Calì, che ha confermato senza volerlo lo «stretto legame, persino eccessivo, nonostante la differenza di età e di personalità» di cui parlò la signora Vittoria Arzenton, madre di Mirella, alla giudice Adele Rando nel luglio del 1993.
Ma allora: se anche Sonia sarebbe dovuta andare con Mirella a Porta Pia, perché lo ha taciuto? La risposta è legata a doppio filo a quella della domanda-chiave di questo giallo: con chi si incontrò Mirella quel giorno, dopo il quale i De Vito cambiarono atteggiamento al punto da rompere con la famiglia Gregori?
«Si sono estraniati dal caso, hanno capito che la cosa era grave, Mirella era sparita, evidentemente c’era qualcosa che non andava» ha raccontato Calì, che si è soffermato sulle raccomandazioni del padre a figlia e fidanzato relativamente all’atteggiamento da tenere con gli investigatori – «Si è spaventato, pensando che la figlia sapesse di più. Allora ha raccomandato di non dire niente» – e ha criticato il comportamento di Sonia in tutti questi anni: «Lei non è stata d’aiuto. Dicendo queste cose, non è stata d’aiuto. Bastava un minimo aiuto in quel momento».
Il riferimento è alle versioni della donna agli investigatori, mai del tutto convincenti. A cominciare da quella giunta ai giorni nostri, secondo la quale Mirella passò da lei per dirle che stava andando a Porta Pia a salutare «Alessandro», un loro ex compagno della scuola media, che le aveva citofonato poco prima. Uno scenario foriero di scetticismi di per sé — i due non si vedevano da un paio d’anni — e del tutto inconsistente non appena gli inquirenti, in un mese, accertarono l’estraneità di quel ragazzo da quella tragedia.
Dalle parole di Calì emerge anche la paura di Cosmo De Vito. Considerando i suoi ottimi rapporti col vicino commissariato di Polizia di via dei Villini — al punto da ottenere in breve tempo il porto d’armi e beneficiare di controlli serali quasi quotidiani per verificare che nel locale non ci fossero problemi — perché nutriva tanto timore su quello che avrebbe potuto dire Sonia? Forse per il possibile coinvolgimento di qualche personaggio legato alla criminalità o ad ambienti di potere? Sarebbe interessante sapere se, dopo la sparizione di Mirella, qualche cliente, oltre all’ignoto «signore degli aperitivi», avesse smesso di frequentare quel bar dove gravitavano sia personaggi della vicina parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano – «So che venivano questi assistenti di Chiesa. Venivano in due o tre, ogni tanto, a prendere qualcosa» – che brutti ceffi: «La gente che veniva sembrava poco raccomandabile ed io ci andavo in punta di piedi».
Di sicuro interesse, il racconto di Calì induce però a chiedersi come mai sia arrivato dopo quarantuno anni. Perché non parlò del divieto di lasciare il bar, imposto a Sonia dal padre in quel fatidico 7 maggio, quando fu ascoltato per la prima volta dagli inquirenti? Accadde il 16 ottobre 1986, tre anni e cinque mesi dopo la tragedia. Un ritardo a dir poco sconcertante.
Dai nonsense investigativi ai contrasti sugli orari, per i quali esistono due versioni, come vi svelammo a ottobre 2023. Quella ufficiale vuole la citofonata di Alessandro alle 14:45/14:50, Mirella uscire di casa alle 15:25 e fermarsi da Sonia fino alle 15:45 per poi recarsi a Porta Pia. L’altra, derivante sempre dalla documentazione giudiziaria, vede invece Mirella fuori casa già alle 14:15. Il problema, non secondario, è che quest’ultima sia originata, seppur in forma de relato, dalle stesse fonti di quella ufficiale: Sonia De Vito e la madre di Mirella Gregori.
A San Macuto, durante l’audizione, Calì non ha ricordato l’esatto arrivo di Mirella al bar: «Io ho detto le 15, ma potevano essere anche le 14:30». Un orario più compatibile con quello del pranzo e con le sue mansioni – «C’era gente in tavola calda e io dovevo ancora servire» – ma soprattutto con le sue dichiarazioni del 1986: «Ho visto Mirella nel primo pomeriggio del giorno in questione, all’incirca verso le 14:15, se mal non ricordo; qui si è fermata per circa mezz’ora a parlare con Sonia De Vito». Parole importantissime. Perché, avvalorando la ricostruzione di Mirella fuori di casa già alle 14:15, smentiscono Sonia De Vito e combaciano con quelle del suo fidanzato, Fabio De Rosa, che sempre nel 1986 dichiarò di essere arrivato al bar «verso le 15» e dopo che Mirella era andata via.
Si rimane di nuovo basiti dell’inerzia degli inquirenti, che non hanno mai risolto le contraddizioni di queste tre persone, in stretti rapporti e frequentanti l’ultimo luogo della vittima, su un aspetto fondamentale della vicenda: gli orari.
Quel verbale di trentotto anni fa è stato richiamato in Commissione, ma non sempre in maniera appropriata. È stato per esempio fatto notare a Calì come all’epoca avesse «dichiarato che Mirella era giunta nel bar due volte: prima alle 14,15, probabilmente tornando da scuola, e poi nuovamente verso le 15,30». Non è vero. Perché lui disse di averla vista una volta sola. «Al momento dell’uscita dal bar mi ha dato una piccola pacca sulla spalla, dicendomi “ciao”. È stata l’ultima volta che io ho visto Mirella; inoltre, in precedenza, sempre il giorno in questione, non avevo avuto modo di vederla», si legge nelle pagine che vi proponiamo integrali.
Dalle quali a San Macuto avrebbero dovuto cogliere e ricomporre la discrepanza relativa all’abbigliamento di Mirella quel 7 maggio. Perché, davanti al giudice Martella, Calì affermò che indossava «un maglione grigio». Mentre in Commissione ha riferito che «la cosa che ha attirato più la mia attenzione è stata la maglietta di Mirella quando è uscita dal bagno». Il motivo? Era di Sonia. «Ricordo che Sonia disse: “Sì, io le avevo prestato anche la maglietta”». Maglietta e maglione sono due indumenti ben distinti, ma con la particolarità che a Roma, nel primo pomeriggio di un sabato di maggio, portare una t-shirt è la normalità. Un maglione, un po’ meno. Ma allora? Quale dei due? Anche perché nella telefonata anonima giunta il 24 settembre 1983 al bar dei Gregori che elencò una serie di vestiti che la signora Arzenton disse essere quelli della figlia il giorno della sparizione, fu citato un maglione. Per cui, se Mirella lo lasciò nel bagno del bar di Sonia, che fine ha fatto?
Infine, c’è da capire se in tutti questi anni Calì abbia mai domandato qualcosa a Sonia riguardo l’appuntamento di Mirella. O se a Maria Antonietta Gregori, con la quale è rimasto in buoni rapporti, abbia mai fatto presente l’eventualità che anche Sonia quel giorno sarebbe potuta andare con la sorella. Lo abbiamo cercato telefonicamente, ma non ci ha risposto. Il presidente De Priamo ha definito la sua audizione «davvero utile» e gli spunti di interesse non mancano. Ora però andranno concretizzati e la strada per riuscirci conduce ancora verso Sonia De Vito, già sentita dalla Commissione lo scorso 18 giugno (quindi prima di Calì) in una seduta però secretata. Adesso nei suoi confronti non c’è più il solo documento del SISDe, ma anche la testimonianza di chi, quel 7 maggio 1983, la vide molto più vicina a Mirella di quel che si è sempre potuto pensare.
Dopo quarantuno anni, una breccia di luce in mezzo al buio. Se si vuole la verità, bisognerà seguirla. E al più presto. Perché tempus fugit, dicevano gli antichi.
tommaso.nelli@spazio70
RESOCONTO STENOGRAFICO AUDIZIONE GIUSEPPE CALÌ