Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Certe volte hanno nome e cognome e di loro si conoscono, oltre alle fotografie, perfino gli indirizzi. Altre volte, invece, sono ombre indistinte, che si muovo misteriosamente. Stanno un po’ con tutti, a seconda del momento. Molte di queste ombre, da almeno quattro anni a questa parte, si intravedono alle spalle del Msi: sono i servizi di spionaggio di alcuni Paesi stranieri che hanno scelto i neofascisti come compagni di squadra per giocare in Italia una partita la cui posta potrebbe essere la democrazia.
La trama è complessa, le tinte sono, a volte, quelle irreali di un poco credibile romanzone di fantapolitica. La realtà, però, è sufficientemente chiara agli occhi dei bene informati: almeno quattro organizzazioni di spionaggio straniere (Cia americana; Kyp greca; Pide, polizia politica portoghese; un ristretto numero di agenti spagnoli) sono costantemente in contatto con il Msi e i gruppetti fiancheggiatori, procurano e passano notizie, studiano e organizzano azioni dimostrative, fanno arrivare cospicui finanziamenti.
Tutto questo ha una data di inizio abbastanza precisa: fine ’66, inizi del ’67. In quei mesi la parte più illuminata del grande capitale italiano concepì un disegno al passo con i tempi: fine della guerra sorda al centro sinistra, sostegno a una politica di riforme avanzate, basta con le preclusioni di principio ai contatti con le forze di sinistra. Si fosse realizzato, un piano del genere avrebbe irrimediabilmente tagliato fuori la destra da una parte e, dall’altra, avrebbe stabilizzato in Italia una situazione (collaborazione tra cattolici e socialisti) che troppi Paesi, vicini e lontani, non vedevano di buon occhio.
La prima a muoversi fu la Cia (Central Intelligence Agency), l’organizzazione di spionaggio e controspionaggio americana che ha 3 mila agenti e 50 mila collaboratori sparsi in 120 Stati e un fondo, il cui impiego è incontrollabile, di 3 miliardi di dollari l’anno. Mentre autorevoli commentatori politici americani cominciavano a scrivere che nella pentola italiana stavano cuocendo «spaghetti da condire con salsa cilena» (collaborazione di governo tra democristiani e comunisti), gli agenti segreti della Cia strinsero rapporti con il Movimento sociale italiano, l’unico partito, a giudizio della frangia più estrema dell’organizzazione americana, capace di creare una situazione adatta a far fallire la «manovra conciliare».
Luigi Turchi, deputato, un uomo che nel panorama politico italiano non brilla per preparazione, autorevolezza e seguito, fu uno dei primi a essere agganciato e si sdebitò dei molti favori avuti dagli americani andando negli Stati Uniti a fare la campagna elettorale in favore di Richard Nixon tra gli emigrati italiani. Senza curarsi troppo delle conseguenze di ordine pubblicitario, Nixon diede a Turchi una fotografia con dedica e il parlamentare missino la pubblicò, gigantesca, in prima pagina sul suo giornale, La Piazza.
Al Msi cominciarono ad arrivare finanziamenti cospicui attraverso tre canali: la Continental Illinois Bank di Chicago, che opera in Italia attraverso la Banca privata finanziaria, controllata da Michele Sindona (spericolato finanziere siciliano che da qualche mese ha spostato i suoi interessi negli Usa); la Merrill Lynch Pierce Fenner & Smith, una celebre agenzia americana di consulenti di Borsa che ha una lussuosa filiale nel centro di Roma, enormi interessi nel campo immobiliare e molti contatti con il Dipartimento di Stato. La terza fonte di finanziamento, che funziona anche per altri partiti, compresi la Democrazia cristiana e il Psdi, era il Feed Grains Council, un organismo americano che ufficialmente si preoccupa di problemi agricoli e che anch’esso ha una sede romana.
Nel 1968 entrò in scena Peter Bridges, secondo segretario dell’ambasciata americana a Roma: la Cia, infatti, non faceva arrivare al Msi soltanto soldi ma anche «consigli». Bridges prese contatti con Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia nazionale (ora latitante da 3 anni) e con altri esponenti non ufficiali del partito neofascista, partecipò a una serie di riunioni che per tutto il 1969 si tennero in una casa vicina alla via Cristoforo Colombo, a Roma (Panorama non è stato in grado di accertare se l’informazione sia vera: secondo gli anonimi autori del libro La strage di Stato, comunque, proprio in una di queste riunioni venne decisa l’azione di Milano, 12 dicembre 1969, quando alla Banca Nazionale dell’Agricoltura scoppiò una bomba che fece 16 morti e 88 feriti). Sarebbe stato il risultato tangibile di una strategia a lungo termine che aveva un unico obiettivo: creare uno choc nel Paese che, stanco per l’infinita serie di disordini, avrebbe cominciato a desiderare un cambiamento di rotta. Esattamente quello che è avvenuto. Ai primi del 1970 Bridges fu frettolosamente trasferito a Praga.
Le conseguenze dello scoppio alla Banca dell’Agricoltura furono più gravi di quanto gli agenti della Cia si aspettassero. Per giunta, passate le prime settimane di sgomento, le notizie cominciarono a filtrare rapidamente e i morti, i feriti, le bombe sui treni e alla Fiera di Milano si rivelarono per quello che erano: un sanguinoso piano di provocazione con l’evidente scopo politico di spostare il Paese a destra.
Gli uomini del servizio segreto americano tirarono rapidamente i remi in barca. Oggi a tenere i rapporti con il Msi sono singoli personaggi che apparentemente lavorano in proprio: precisamente un gruppetto di ex diplomatici, installati in una villa nel quartiere elegante dei Parioli, a Roma. Il cordone ombelicale è Boris De Rachewiltz, archeologo, autore di numerosi e apprezzati libri sull’antico Egitto, genero di Ezra Pound, il poeta americano che durante la guerra fece propaganda a favore dei nazifascisti. De Rachewiltz ha come interlocutore abituale Pio Filippani Ronconi, conte, studioso di sanscrito e di lingue orientali, traduttore all’ufficio cifra del ministero della Difesa.
Se gli americani si sono fatti improvvisamente prudenti, i greci continuano invece a mantenere con i fascisti italiani rapporti cordialissimi e praticamente pubblici. Di soldi non se ne parla (finora da Atene non è arrivata per il Msi una sola dracma), ma in compenso le idee dei colonnelli che dall’aprile 1967 governano la Grecia sotto una dittatura di ferro sono chiarissime: la Grecia, dicono gli ideologi del regime, difficilmente può crescere in quanto potenza militare ed è impossibile che si espanda territorialmente. Può crescere però esportando i principi ai quali si ispira e creando nei Paesi vicini le stesse situazioni che nell’Ellade hanno favorito l’improvviso cambiamento di governo.
Portabandiera di questa strategia è Costantino Plevris, classe 1940, un viso da ragazzo timido e imbronciato, autore di tre libri, L’antidemocratico, Cosmoteoria della stirpe, Propaganda politica, teoria e pratica (che è il libro di testo nelle scuole di polizia greche) nei quali si parla di teorie degli eletti, teorie dello spazio vitale, filosofia della razza. Plevris è anche capo del movimento «4 agosto», l’unico gruppo politico che abbia oggi un certo spazio nella vita politica greca.
Il primo esponente fascista, sia pure ufficioso, a prendere contatto col regime dei colonnelli, l’indomani del colpo di Stato del 1967, fu Gianna Preda, vicedirettrice del settimanale Il Borghese, di proprietà del senatore missino Gastone Nencioni, responsabile delle finanze del partito di Almirante. Con i greci, la Preda allacciò rapporti di affari più che politici: mise anche in contatto alcuni imprenditori italiani con Atene.
A prendere contatti politici pensò Pino Rauti, fondatore di Ordine nuovo, incarcerato dal giudice di Treviso Giancarlo Stiz per le bombe di Milano del 1969, ora deputato missino. Rauti andò in Grecia nel 1968 con un gruppo di fedelissimi che passarono la vacanza visitando caserme e reparti speciali. Dopo Rauti, uno dopo l’altro, arrivarono Pino Romualdi (che ebbe dai colonnelli un finanziamento di 10 milioni per la sua rivista, L’italiano, di cui il corrispondente da Atene è Plevris) e Giulio Caradonna che nel 1970 andò in Grecia per tre volte in pochi mesi, introdotto negli ambienti che contano da Pietro Mauromantis, capo dei servizi dell’ammiragliato e attualmente vicepresidente della Esso Pappas, uomo legatissimo agli americani e ascoltato consigliere di Giorgios Papadopulos, il primo ministro. Buon ultimo, nell’estate del 1971 e 1972, è andato in Grecia anche Giorgio Almirante, discretamente, senza pubblicità.
Se gli italiani sono partiti per la Grecia con la speranza di fare affari e alla ricerca soprattutto di contatti personali, i greci sono venuti in Italia con un piano preciso: creare una organizzazione capillare ed efficiente, capace di raccogliere notizie, seminare una propaganda feconda e controllare gli studenti fuoriusciti.
È stato un lavoro facile. Quattro settimane dopo il colpo di Stato venne fondata la Lega degli studenti greci in Italia (Esesi) che riuscì anche a tenere un congresso utilizzando i locali del Civis, di proprietà del ministero degli Esteri italiano. Oggi la Lega riunisce circa 800 dei quasi 3 mila studenti greci in Italia, ha sedi bene organizzate a Roma, Perugia, Urbino, Messina, Modena e un centro a Napoli, diretto da Gennaro Riggiero, fascista di provata fede, fedelissimo di Giulio Caradonna. […] Chiedersi quanti sono gli agenti del Kyp (servizio segreto greco) in Italia è fatica sprecata: praticamente ogni funzionario d’ambasciata, ogni membro dell’Esesi, è un uomo che lavora per i colonnelli. E trova, fatto abbastanza singolare, una piena collaborazione nelle questure e nei servizi di sicurezza italiani.
Da almeno due anni funziona in Italia un meccanismo che scatta sempre implacabilmente: quando i greci vogliono mettere le mani addosso a qualche fuoruscito che vive in Italia cominciano col non fargli più arrivare né i soldi né la posta. Poi gli revocano il rinvio dal servizio militare, poi lo «pregano» di rientrare in patria. A quel punto, inevitabilmente, la questura italiana toglie il permesso di soggiorno. L’oppositore è consegnato ai colonnelli. E poiché Italia e Grecia sono membri della stessa alleanza atlantica è costume che un Paese non conceda ai cittadini dell’altro asilo politico.
Non attivissima in questo periodo la lega degli studenti greci in Italia ha lavorato bene in passato, organizzando numerosi viaggi in Italia di Costantino Plevris che arrivò a Roma per sua stessa ammissione nel novembre 1969 un mese prima delle bombe di Milano, ma ci tornò ai primi di dicembre e successivamente nel 1971. Plevris in Italia è il portatore di un verbo chiarissimo: ripetere l’esperienza conclusasi positivamente dalla Grecia del 1967 per istituire una dittatura appoggiata dai militari.
Su cosa fondi simili speranze Costantino Plevris non si sa: c’è però illuminante una dichiarazione di Panayotis Cannellopulos, primo ministro e leader del partito conservatore di centro all’epoca del colpo di Stato, che dice chiaramente: «In Italia le antiche difese istituzionali sono smontate e sovvertite dalla presenza di un potere militare e poliziesco extranazionale». Un chiaro accenno al Pentagono e alla infinita serie di polizie segrete straniere che operano in Italia.
A credere che in Italia sia possibile una soluzione militare che creerebbe nel Mediterraneo una situazione di «sicurezza assoluta» non sono solo i greci. Anche i portoghesi, e sono stati i primi, tirano allo stesso scopo. Da anni cercano di impiantare in Italia una rete di informatori, servendosi dei fascisti. Il settore della polizia politica portoghese addetto a questo ha la trasparente copertura dell’Aginter Press, Agenzia internazionale per la stampa, uno strano organismo dietro al quale si muovo ex agenti dell’Oas (Organisation de l’Armée Secrète) ed ex nazisti. La sede è a Lisbona, l’attività principale è il traffico di armi e lo spionaggio.
I primi contatti con l’Italia risalgono al 1966, ma già due anni prima Pino Rauti e Clemente Graziani, attuale capo della frangia di Ordine nuovo che non è voluta rientrare disciplinatamente nei ranghi del Msi, erano andati in Portogallo per contrattare una partita di armi e studiare la possibilità di impiantare in Italia centri di informazione.
Il controspionaggio militare si interessò vivamente al viaggio di Rauti e Graziani ma, in quel momento, i rapporti segnalarono poche notizie. Le stesse che segnalerebbero oggi: infatti, escluso un periodo in cui Giulio Caradonna era talmente in auge da essere perfino insignito del grado onorifico di colonnello della Legione portoghese, i contatti tra i due movimenti fratelli non sono stati particolarmente stretti. A parole grandi dichiarazioni, ma nei fatti aiuti più che modesti. Oggi fattasi prudente la Cia, quasi scomparsi i portoghesi, diventati estremamente diffidenti gli spagnoli, i fascisti italiani possono contare solo sui greci, che continuano a credere possibile, ignorando che esistono forti sindacati democratici e organizzazioni che li fiancheggiano, un colpo di Stato fatto da un partito che può contare su meno del 9 per cento dell’elettorato.