Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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I meno giovani lo ricorderanno piuttosto bene, per esprimere ipotesi fantastiche legate ad un possibile futuro, un tempo si esordiva sempre dicendo: «Nel Duemila…», datazione emblematica che negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta evocava scenari fantascientifici, taxi spaziali e bizzarre creature robotiche: «Nel Duemila le automobili voleranno». «Nel Duemila faranno tutto i robot». «Nel Duemila trascorreremo i week end sulla Luna», si diceva. Molto probabilmente un ipotetico viaggiatore del tempo, proiettato magicamente negli anni Duemila dagli anni Sessanta o Settanta, resterebbe piuttosto deluso, anche perché al di là della fervida immaginazione dei comuni cittadini, alimentata da film e romanzi ambientati nel futuro, i mezzi di informazione del passato hanno più volte ostentato eccessivo ottimismo nel comunicare le previsioni degli “esperti” in merito ai sensazionali progressi che la nostra civiltà avrebbe raggiunto negli anni a venire.
Ad ogni modo, se è vero che non abbiamo mai messo piede su Marte e che non andiamo al lavoro su auto volanti, al netto delle varie previsioni fallimentari riportate di seguito, bisogna riconoscere che alcune delle intuizioni che leggerete negli articoli da noi recuperati sono da considerarsi tutt’altro che erronee. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta qualcuno ha addirittura ipotizzato la crisi dei negozi causata dallo shopping online, la didattica a distanza, il sopravvento della moneta elettronica, l’utilizzo della videofonia e del telefono tascabile concepito come una specie di «segretaria individuale», dunque non un semplice telefono di piccole dimensioni ma un vero e proprio mini-computer contenente dati e informazioni, in altre parole: uno smartphone.
Riportiamo di seguito alcuni stralci da articoli sul futuro comparsi su quotidiani pubblicati tra il 1969 e il 1981, senza ovviamente omettere le “predizioni” meno riuscite.
Si lavorerà poco, si faranno lunghe vacanze, le città saranno immense, la circolazione avrà risolto i suoi problemi con le sopraelevate e le sotterranee. La Terra, che ora nutre a fatica i tre miliardi di abitatori, sarà sfruttata in modo da sfamarne anche cinquanta miliardi. Ma c’è qualcosa di inquietante nelle prospettive aperte dall’automazione, dai computers, dai cervelli elettronici che, forse, acquisteranno facoltà finora sconosciute all’uomo e potranno renderlo schiavo. Il Duemila è quasi a portata di mano. Almeno la metà degli italiani che vivono attualmente dovrebbero arrivarci […] Decine di istituti e di fondazioni scientifiche studiano ormai, in tutto il mondo, e soprattutto negli Stati Uniti d’America, il nostro immediato avvenire. Sono state pubblicate centinaia di libri. Escono riviste sul «futuribile». In questa indagine cercheremo di riassumere il frutto degli studi e delle previsioni, scartando rigorosamente le ipotesi di troppa fantasia o non fondate scientificamente. Ciò che si può ragionevolmente prevedere è già talmente sbalorditivo che non vai la pena di inventare o di anticipare troppo: il mondo farà più progressi durante la prossima generazione di quanti ne sono stati fatti dall’invenzione della macchina a vapore a oggi.
La società dell’anno 2000 sarà fondata sul benessere, sul consumi, sulla meccanizzazione, sul tempo libero.
L’uomo degli albori del nuovo secolo lavorerà complessivamente 40 mila ore, su un totale di 700 mila: tanta sarà la durata media della vita. Il lavoro, in altre parole, occuperà uno spazio infinitamente minore nella giornata dell’uomo. Il problema sarà di affrontare e vincere il tempo libero. La settimana lavorativa durerà quattro giorni, il «weekend» tre. Si avranno un paio di mesi di ferie all’anno. Le vacanze, il riposo, i divertimenti, le occupazioni marginali assumeranno una importanza sempre maggiore nell’organizzazione della vita. Anche se saranno certamente stati scoperti metodi per prolungare la capacità umana allo sforzo. Le macchine ci porteranno via il lavoro? Saremo in troppi sulla Terra per poter trovare sufficiente nutrimento? A questi due drammatici interrogativi gli scienziati rispondono negativamente.
«Con le tecniche già oggi note — Sostiene Jean Fourastié — la Terra, che fa fatica a nutrire i suoi tre miliardi e mezzo di abitanti, potrebbe nutrirne da 50 a 80 miliardi». Sembra quindi essere soltanto una questione di organizzazione e di buona volontà. Del resto nel Duemila sarà possibile sfruttare i mari e le loro immense ricchezze a fini alimentari, saranno in vendita cibi e bevande sintetiche, e gli scienziati avranno trovato il modo di sfruttare meglio le terre, di ottenere più numerosi e più abbondanti raccolti, e saranno state «inventate» nuove specie di vegetali, e forse anche di animali. Per il lavoro, Richard Beliman, uno dei maggiori specialisti mondiali dell’automazione, afferma che «il 2 per cento della popolazione attuale degli Stati Uniti basterebbe a produrre tutto ciò che’ produciamo oggi; sarebbe sufficiente applicare nell’industria, nel commercio, nell’agricoltura, nei servizi, tutte le possibilità nuove che ci propone la scienza». Alla Dupont de Nemours hanno effettuato uno studio: il risultato è che l’azienda potrebbe, acquistando adeguate macchine, licenziare fin d’ora il 95 per cento del suo personale. Altro esempio inquietante: venticinque operai basterebbero a fabbricare tutte le lampadine elettriche che si consumano negli Stati Uniti, e quel giorno che si mettesse a punto la «lampadina che non brucia » — cosa non impossibile — anche questi venticinque operai resterebbero senza lavoro. Ma — ribadiscono gli studiosi — l’automazione e la cibernetica creeranno tanti posti di lavoro quanti ne elimineranno, poiché contribuiranno all’incremento della produttività e dello sviluppo economico.
Nel Duemila si vivrà in gigantesche città che si estenderanno per centinaia di chilometri. I trasporti saranno assicurati da convogli che viaggeranno ad altissime velocità, parte in gallerie sotterranee, parte su binari sospesi o su «cuscini d’aria». Esisteranno «piattaforme volanti » per uso individuale, forse lungo le principali arterie ci saranno dei «marciapiedi mobili». A più lunga distanza, i razzi forse, senza dubbio aerei a velocità supersonica, assicureranno i collegamenti. (Fra pochi mesi entreranno in servizio, del resto, aerei capaci di trasportare 350-400 persone). Senza dubbio saranno in funzione sistemi di trasporto svincolati dalla necessità di seguire strade o altre infrastrutture. Il pedaggio non sarà pagato né all’ingresso né all’uscita delle autostrade: elaboratori elettronici controlleranno il numero di targa della macchina e il guidatore si troverà il pedaggio addebitato sul proprio conto corrente. Tramite ordinatori si muoverà in ogni caso la maggior parte del denaro: provvederanno queste macchine a pagare le fatture, ad accreditare o ad addebitare le spese. Praticamente vivremo in una società senza o con molto poco denaro liquido. Il costo della vita dovrebbe diminuire, aumenterà il reddito: gli economisti sono quasi concordi in questa previsione.
A conti fatti, la società dovrebbe essere quasi completamente liberata dall’incubo della fame e della miseria, anche se continueranno a esistere grandi aree di sottosviluppo, e se nelle stesse zone di massimo sviluppo ci saranno ancora disoccupati e poveri: ma — avvertono gli esperti — si tratterà di disoccupazione «momentanea o volontaria», comunque sostenuta da una efficace organizzazione collettiva di difesa e di sussidio. Il settore primario (agricoltura) e il settore secondario (trasformazione dei prodotti) si ridurranno notevolmente a vantaggio del settore terziario (servizi): meno agricoltori, meno operai, più funzionari di banca o addetti al turismo, in altre parole. Nelle immense megalopoli dell’anno Duemila si lavorerà, in sostanza, per assicurare i servizi, non per produrre: la produzione sarà quasi completamente automatizzata, a cominciare dall’estrazione di materie prime, che avverrà grazie all’energia atomica. Non sembra che ci si debba preoccupare per il petrolio: nel Duemila ce ne sarà ancora in grande quantità, perché si sarà riusciti a estrarlo dagli scisti bituminosi: la potenzialità di queste rocce esistenti nel Colorado, nello Wyoming e nell’Utah, soltanto, è valutata a due bilioni di barili, il che equivale a cinque volte le riserve di petrolio oggi note, esistenti nel mondo. Avremo energia dal Sole, naturalmente, anche per usi domestici; mentre le centrali nucleari forniranno altra energia, a prezzi bassissimi. Il mare, attraverso giganteschi impianti di dissalamento, fornirà l’acqua. Di notte, grandi aree saranno illuminate grazie a lune artificiali, la cui realizzazione è già possibile oggi.
Gli albori del prossimo secolo (e gli ultimi lustri di questo nostro Novecento), vedranno il trionfo degli elaboratori elettronici. Sostengono Kahn e Wiener ne’ loro studio sull’anno Duemila: «I calcolatori saranno probabilmente in grado di uguagliare, simulare o sorpassare la maggior parte delle capacità intellettuali tipicamente umane, ivi comprese forse anche alcune delle capacità estetiche e creative, e in più avranno nuovi tipi di capacità, sconosciute agli esseri umani».
L’ipotesi che i calcolatori possano riprodursi è inquietante, ma sembra più appartenere al mondo della fantascienza che a quello della possibile realtà fra trent’anni.
In realtà gli elaboratori elettronici non sono intelligenti, ma dipendono totalmente dal modo in cui sono stati e caricati e dal modo in cui li si utilizza. Senza l’uomo che lo guida, il cervello elettronico non è che una massa inerte, incapace di qualsiasi cosa. Ogni uomo del Duemila avrà probabilmente una segretaria individuale, sotto forma di telefono tascabile, collegato a un ordinatore in grado di ascoltare e soddisfare tutte le nostre richieste e di aiutarci in ogni lavoro. Persino per la sicurezza della società si annunciano grandi innovazioni: non ci saranno più prigioni, ma sistemi punitivi «flessibili»: controllo continuo dei pregiudicati, mezzi efficaci per assicurare il loro positivo reinserimento nella vita sociale. E non ci dovrebbero neppur più essere scuole: i ragazzi staranno a casa, accenderanno il terminale del calcolatore elettronico, che a forma di video televisivo impartirà loro le lezioni necessarie. La memoria sarà stimolata da speciali prodotti, si saranno scoperti sistemi di istruzione più efficaci. L’ipotesi che più seduce e spaventa è quella di poter agire sul cervello, instillandovi le conoscenze, arricchendolo continuamente, senza sforzo, dì nuove nozioni.
Nella città del futuro (ma la fantascienza diventerà presto realtà) le banche saranno senza sportelli, la massaia vedrà al «video» le verdure da comprare, gli studenti si rivolgeranno per i loro compiti all’elaboratore centrale. Ad ogni domanda, il «cervello-mostro» darà le risposte e suggerirà che cosa si debba fare (Dal nostro inviato speciale). Milano, 29 settembre. Le nostre città sono in crisi. Le cronache, e i discorsi degli amministratori, sono infarciti di termini come «strozzature», «soffocamento», «inquinamento atmosferico», «necessità di decentramento», «confusione», e altri ancora, che sottolineano l’incredibile guazzabuglio in cui viviamo. Nell’inchiesta sul modo in cui la nostra economia e, in senso più lato, la nostra società si prepara alla rivoluzione che porterà l’impiego sempre maggiore degli elaboratori elettronici, un capitolo va dedicato alla città, ai problemi che il computer può risolvere nell’area urbana, agli interrogativi che pone l’eventuale impiego degli ordinatori nella struttura urbana. Assistiamo — testimoni partecipi — alla difficile agonia dell’attuale organizzazione cittadina; studiando le possibili utilizzazioni dei computers gli esperti già annunciano con immagini da fantascienza, ma che dovrebbe essere realtà nel volgere di pochi anni, nuove necessità, nuovi sconvolgimenti […] La città dell’epoca degli ordinatori ha una fisionomia totalmente diversa da quella di oggi. La MeDonnel Company di St. Louis, negli Stati Uniti — una grande ditta di costruzioni — ha proposto addirittura una «città del futuro», i cui progetti sono stati elaborati dai computers: edifici di cento piani emergenti fra il verde, colossali torri costruite fra parchi e laghi con negozi, uffici, centri di ricreazione. «I trasporti da una torre all’altra saranno assicurati da marciapiedi semoventi a varie altezze, linee sotterranee e monorotaie». Secondo i progettisti una città di questo genere potrebbe comodamente ospitare 850 mila abitanti e «tuttavia non causare affatto senso di oppressione e di affollamento».
Senza indulgere a queste previsioni — o a quelle, altrettanto sconvolgenti, elaborate dagli architetti dell’università di Houston — le riforme e le trasformazioni che saranno imposte dall’impiego dei cervelli elettronici nella vita cittadina restano enormi. Il computer si assumerà il compito dì registrare e di elaborare i dati anagrafici di tutti gli abitanti della metropoli: qualcosa già si è fatto e si sta facendo (anche a Torino), ma in avvenire la centralizzazione e l’inserimento di tutti gli elementi nella memoria degli elaboratori trasformerà uffici, snellirà enormemente la burocrazia, faciliterà lo svolgimento di qualsiasi pratica. Non si dovrà più pagare l’«urgenza» per avere in fretta un documento, perché l’ordinatore ce lo fornirà in tempo reale, cioè istantaneamente. Saremo liberati dall’incubo di dover redigere la cartella delle imposte, i nostri guadagni saranno tutti registrati automaticamente: finita l’epoca delle contrattazioni con il funzionario delle tasse, finita forse la possibilità di errori, ma ognuno dovrà pagare quel che è stabilito, fino all’ultima tira. Il computer di cui ognuno di noi avrà un terminale, porterà in casa il corso di studio desiderato per i nostri figli, e consentirà anche corsi periodici di aggiornamento, permettendo quella «mobilità delle carriere» che l’economia di domani renderà indispensabile.
Non più edifici per le scuole, dunque, che saranno probabilmente ridotti a ospitare per brevi periodi riunioni di esercitazioni collettive per gli studenti; non più il problema di dover accompagnare o di dover andare a prendere i bambini. James Ridgeway, in Computer Tutor, spiega che «lo studente rimarrà a casa, a letto se vuole. La mattina premerà un bottone del suo ordinatore e chiederà la lezione di francese. Il pomeriggio quella di matematica, e così via. Ogni tanto andrà a un centro di lettura (come si chiameranno probabilmente le scuole dell’avvenire) per partecipare a una discussione di gruppo e finalmente vedere in faccia i suoi compagni e il suo insegnante, che avrà una funzione di consigliere. Lo studente farà una chiacchierata; il consigliere chiederà al “computer” la scheda dell’allievo, e assieme alunno e consigliere esamineranno i progressi fatti e i problemi incontrati» […] Le banche potrebbero non avere più sportelli: pagamenti e trasferimenti di denaro sarebbero effettuati tramite l’ordinatore, che terrebbe aggiornato all’istante il conto di ogni cliente. C’è chi prevede, addirittura, una società senza più monete o banconote. Il « negozio qui all’angolo » sta vivendo i suoi ultimi anni: avanzano trionfalmente i grandi magazzini, gli shopping centers. Oggi si cercano grandi aree alla periferia per costruire immensi locali di esposizione e vendita, con giganteschi parcheggi per le auto dei clienti: il computer, se sarà diffuso e utilizzato al meglio, potrebbe accelerare il processo di morte del negozietto, ma travolgere anche il grande magazzino. La massaia accende il video del suo ordinatore, chiede di poter vedere, per esempio, le verdure del giorno; le giunge l’immagine dei prodotti esposti in uno dei centri alimentari; senza muoversi da casa la donna sceglie questa o quella verdura, il tale frutto, e li ordina.
Il problema, come si intuisce facilmente, sarà esattamente opposto a quello di oggi: invece di dover trovare il modo di far giungere l’acquirente al luogo dove ci sono i prodotti, si dovrà risolvere il problema di recapitare il più rapidamente possibile il prodotto al cliente. Molte persone potranno lavorare in casa, anziché doversi recare in ufficio, usufruendo delle comunicazioni del computer, raccogliendosi nell’intimità del proprio studio: premendo un bottone, o dialogando con la macchina, avranno a disposizione tutti gli elementi indispensabili per il proprio compito. Non è fantascienza. Persino il settore della salute degli abitanti di una città potrebbe essere sconvolto da una razionale utilizzazione della tecnologia degli elaboratori: ogni persona avrà una cartella clinica registrata nella memoria di un gigantesco computer, che saprebbe ogni possibile dato sulle nostre condizioni fisiche; comunicando i sintomi del nostro malanno alla macchina, automaticamente avremo diagnosi e terapia. I medici starebbero dietro le quinte.
Due sviluppi prevedibili dei sistemi attuali: trasmissione dei dati e videofonia […] C’è chi afferma che in un futuro non molto lontano, la “telefonia informatica” avrà sulle reti di telecomunicazioni una importanza maggiore sia della telefonia sia della telegrafia tradizionali. Ciò deriva anche dalla previsione che l’uso di calcolatori sarà possibile direttamente da parte di utenti privati, così come è stato già sperimentato sulla rete urbana di Tokio: utilizzando i nuovi telefoni a tastiera, l’utente chiama un apposito numero e con la tastiera stessa invia in codice il tipo di operazione richiesta e i dati relativi e dopo pochi secondi riceve “a voce” dal calcolatore la risposta. Questo risultato, che in realtà è forse meno fantascientifico di quanto possa apparire a prima vista, sarà certamente conseguito in futuro in molte altre reti, quando sarà possibile una più estesa introduzione degli apparecchi a tastiera.
Walter Marty Schirra, 54 anni, l’unico astronauta americano ad aver partecipato a tre diverse missioni spaziali (Mercury 8, Gemini 6 e Apollo 7) è stato protagonista l’altra sera alla televisione Svizzera italiana di un lungo programma scientifico curato dai giornalisti Blaser e Manfrin […] La parte più interessante della trasmissione è stata comunque quella che ha riguardato il futuro. «Mi chiedete se l’uomo andrà su Marte? Ma certamente – è stata la risposta dell’ex astronauta – dovranno trascorrere però almeno una ventina d’anni prima di poter assistere allo sbarco sul pianeta.
Il massimo esperto di medicina spaziale, Oleg Gazenko, in una recente conferenza sull’uomo nello spazio, tenutasi a Bonn, ha affermato che l’uomo raggiungerà Marte prima del 2000. Il dottor Gazenko ritiene infatti che sia possibile tentare l’impresa ed iniziare fin d’ora i preparativi. Il medico sovietico ha poi parlato dei due cosmonauti Valéry Ryumin e Leonid Popov che sono rientrati recentemente dalla loro missione spaziale durata 185 giorni. Le loro condizioni sono ottime, nonostante la lunga permanenza nello spazio e non c’erano motivi medici o tecnici per interrompere il volo. Il dottor Gazenko non ha comunque voluto spiegare i motivi per i quali i due cosmonauti sono stati fatti rientrare.