Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
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Di Tommaso Minotti
Il rumore di spari, una moglie che piange il marito assassinato, l’omicida che fugge scavalcando una staccionata e i vicini che si gettano all’inseguimento del killer. La scena che si presentava al 6205 Wolsey Drive, San Josè, il 6 novembre 1975 non aveva nulla da invidiare alle celeberrime serie tv crime statunitensi. L’uomo brutalmente ucciso in casa propria non era una persona comune, bensì Mar Eshai Shimun — patriarca dimissionario della Chiesa Assira d’Oriente, una delle confessioni più antiche all’interno della cristianità, erede diretta della Chiesa d’Oriente. Il movente dell’assassino fu subito chiaro. Mar Eshai Shimun aveva disonorato la sua carica dimettendosi e, peggio ancora, sposandosi. Un vero affronto per i fedeli e per l’assassino stesso. Ma come si era arrivati a quel fatidico 6 novembre 1975?
Mar Eshai Shimun era diventato patriarca nel 1920 in un momento in cui era messa in discussione l’esistenza stessa del suo popolo, prostrato dalla guerra contro gli ottomani e dalle persecuzioni dei Giovani Turchi. Avendo solo dodici anni, egli si ritrovò in mezzo alle faide interne alle alte gerarchie della Chiesa Assira. Mar Eshai riuscì a emergere come massima autorità morale e politica, oltre che religiosa ovviamente, solo negli anni Trenta. Il suo obiettivo era garantire la sopravvivenza del proprio popolo, all’interno di uno Stato indipendente o, come minimo, di una regione autonoma. Molto vicino per educazione e per necessità geopolitiche al mondo anglosassone, Mar Eshai Shimun fu costretto all’esilio dal neonato governo iracheno nel 1933. Era la risposta di re Faisal all’attivismo del patriarca della Chiesa Assira d’Oriente. Mar Eshai Shimun si era speso moltissimo per l’indipendenza delle popolazioni cristiane, assiri, caldei, siro ortodossi e siro cattolici, dell’ex Impero Ottomano sfruttando i suoi agganci all’interno delle alte sfere britanniche.
Palcoscenico privilegiato fu la Società delle Nazioni. Il rimescolamento geopolitico successivo al collasso della Sublime Porta era un’occasione che il patriarca della Chiesa Assira d’Oriente voleva sfruttare. Dall’altra parte, però, c’erano le Nazioni eredi del dominio dei sultani, l’Iraq in primis. Erano Paesi le cui élite avevano tutti gli interessi a uniformare il proprio popolo. E il processo di state building, senza fondamenta identitarie forti, non poteva che essere basato sulla religione. Così la minoranza cristiana si trovò identificata come nemica. Baghdad usò il pugno duro e, dopo una prigionia durata alcuni mesi, lasciò che Mar Eshai Shimun partisse per Cipro sotto protezione inglese.
Mar Eshai Shimun rimase poco nell’isola mediterranea. Decise infatti di spostare la sede del patriarcato a Chicago. La città dell’Illinois era uno dei centri della diaspora assira. Tuttavia, anche questa si rivelò essere una soluzione temporanea. A fine anni Quaranta il patriarca della Chiesa Assira d’Oriente si trasferì di nuovo, stavolta a San Francisco. Da qui prese decisioni importanti, rivitalizzando una comunità religiosa che aveva subito innumerevoli perdite, morali e materiali. Fondamentale fu il recupero di un clero preparato e capace di assistere fedeli sparsi in tutto il mondo. Nel 1949 Mar Eshai Shimun affermò, in un messaggio storico, che i membri della Chiesa Assira d’Oriente dovevano essere fedeli allo Stato in cui abitavano. Una dichiarazione che voleva segnare l’inizio di un nuovo rapporto tra gli assiri e le Nazioni post ottomane. Ma era anche un messaggio che aveva sfiduciato coloro che speravano nel patriarca come guida di un movimento assiro di rivendicazione nazionale.
La fatica, nel frattempo, si faceva sentire. Le prime avvisaglie di un possibile passo indietro di Mar Eshai Shimun, un fatto storico e quasi senza precedenti, si notarono alla fine degli anni Sessanta a causa dei suoi problemi di salute. Tuttavia, i notabili assiri lo convinsero a rimanere al vertice. Nel 1972, però, la decisione di Mar Eshai Shimun fu irreversibile e le dimissioni inevitabili. La Chiesa Assira d’Oriente si trovò così nel più completo scompiglio.
Le dimissioni lasciavano la Chiesa Assira d’Oriente orfana della propria guida. Non essendoci nessun tipo di protocollo, Mar Eshai rimase il capo nominale della Chiesa per altri sei mesi dopo il volontario allontanamento del patriarcato. Ma da lì a poco avvenne un altro evento scioccante. Praticamente a sorpresa, arrivò l’annuncio del suo matrimonio con Emama Yohannan, un’assira irachena trasferitasi in Canada e poi negli USA. Lo sposalizio, avvenuto il 16 agosto 1973 a Seattle, fu un vero terremoto. Un ex patriarca sposato era irricevibile per la tradizionalista comunità assira e le reazioni non tardarono a mancare. In primis, venne messa in discussione la secolare ereditarietà della carica di patriarca, prerogativa della famiglia Shimun. Ma l’opposizione non si notò solo sul piano teorico e teologico. Spuntarono diverse associazioni politiche, nemiche del patriarca in quanto traditore della nazione assira. Un fenomeno non nuovo che aveva le sue origini negli Stati Uniti dei primi anni Venti. L’Unione assiro-caldea d’America aveva fondato il giornale mensile Huyyada, che significa “Unità”, proprio tra 1921 e 1922. Ma l’attentatore di Mar Eshai Shimun aveva vari contatti con un’altra associazione politica, di fondazione più recente: l’Alleanza Universale Assira. E qui si rende necessaria una digressione.
L’Alleanza Universale Assira venne fondata a Pau, in Francia, il 13 aprile 1968. Fu figlia di un movimento culturale che vedeva protagonisti l’Assyrian American National Federation e l’Assyrian Youth Cultural Society. Nel manifesto si stabiliva che con il termine “Assira” si indicavano tutte le varie chiese che componevano la “umtan”, la Nazione. Quindi era un movimento politico che puntava a unire assiri, caldei, siro ortodossi e siro cattolici senza distinzioni di credo. Pur essendo ispirato dalla religione, infatti, l’AUA era un precursore di movimenti politici laici come il Movimento Democratico Assiro, fondato in Iraq nel 1979, o il Bet-Nahrain Democratic Party, fondato nel 1976 con l’obiettivo di creare una Nazione assira nelle loro terre d’origine. Erano fermenti ben presenti negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. In questo movimento magmatico e confuso, il comportamento tenuto nei confronti delle varie chiese, tra cui quella guidata da Mar Eshai Shimun, era ambivalente. Da un lato si recuperavano figure come Assurbanipal, testimonianza della volontà di staccarsi dalla religione riconoscendosi in un passato più antico, dall’altra si chiedeva al patriarca di assumere un ruolo politico, dimostrazione che anche i nazionalisti laici erano consapevoli dell’importanza di tale figura religiosa. L’obiettivo dell’AUA era la creazione di uno Stato semi-autonomo nelle terre d’origine, dunque Iraq e Siria, della comunità cristiana assiro-caldea-siriaca. Per questa ragione, uno dei membri dell’AUA aveva visitato il patriarca circa un mese prima l’omicidio. Lo aveva pregato di tornare in Iraq da capo politico della Nazione assira, ma il patriarca aveva declinato.
Così si spiega il perché Mar Eshai Shimun, da quando aveva lasciato la sua carica e si era sposato, fosse inquieto. Aveva tutte le ragioni per esserlo. Ricevette varie telefonate anonime e si moltiplicavano le pressioni su di lui per assumersi responsabilità politiche. Egli confessò anche alla moglie di temere che qualcuno complottasse contro di lui. Sullo sfondo c’era anche l’incontro con i vescovi della Chiesa Assira d’Oriente, previsto per il 19 novembre 1975 ma posticipato al 5 gennaio 1976. Così, quando un uomo bussò alla sua porta in una frizzante serata novembrina, si può immaginare che l’ex patriarca fosse quantomeno agitato.
Chi da lì a poco lo avrebbe ucciso era vestito con un completo grigio e aveva passato il pomeriggio a bere scotch in un motel di San Josè. Sicuramente annebbiato dall’alcol, ma ancora in grado di rimanere lucido, David Malik Ismail era un fedele assiro, figlio del generale Ismail, membro di spicco dell’aristocrazia militare assira. Era nato in Siria, ma emigrato ben presto in Ontario. Suo fratello, Zaia, era un membro dell’AUA mentre lui aveva fatto richiesta per entrarci nell’ottobre del 1975. Entrambi erano tra coloro che si erano sentiti disorientati dalle dimissioni del patriarca e dal suo matrimonio. Un fatto che non poteva sopportare. Arrivato a San Francisco dal Canada il 30 ottobre 1975 sotto il falso nome di David Benjamin, Ismail incontrò vari membri della diaspora assira in California. Tra di loro ci fu una ragazza, che voleva diventare membro dell’AUA, e due giornalisti che lavoravano rispettivamente per un programma radio sulla cultura assira gestito dal Bet-Nahrain Magazine e per l’Assyrian Star. Fece anche uno strano incontro in un bar. In quell’occasione un uomo gli vendette una pistola per venti dollari. Spostatosi da San Francisco a San José in bus, Ismail intorno alle 18 prese un taxi e, senza una ragione apparente, si presentò davanti alla casa del patriarca al 6205 di Wolsey Drive.
Mar Eshai Shimun lo fece entrare. D’altronde si conoscevano: Ismail aveva incontrato il patriarca a Damasco nel 1962 e a Chicago nei primi anni Settanta. Gli aveva mandato anche diverse lettere e aveva parlato con lui al telefono. David Malik Ismail e suo fratello Zaia conoscevano anche la moglie di Mar Eshai Shimun, Emama. Con lei, David aveva parlato, anni prima, di un’organizzazione politica che aveva l’obiettivo di riconquistare le terre assire in Iraq e Siria. Entrato in casa del patriarca, Ismail e Mar Eshai Shimun ebbero una breve discussione sugli assiri in Iraq, Canada e Siria che degenerò nel momento in cui Ismail disse al patriarca di non tornare in Iraq perché alla gente non era piaciuta la sua scelta di sposarsi. A queste parole Mar Eshai reagì con sdegno, schiaffeggiandolo e sputandogli. Fu in quel momento che Ismail estrasse la pistola e sparò tre colpi che colpirono il petto e l’addome del patriarca. Quest’ultimo fece appena in tempo a chiamare due volte sua moglie Emama, segnale concordato nel caso in cui fosse successo qualcosa di terribile. La moglie, che stava mettendo a letto il figlio, accorse immeditatamente, ma non ci fu nulla da fare. Ismail tentò la fuga, ma venne inseguito dai vicini del patriarca, allertati dal trambusto. Fu arrestato in una pizzeria poco lontano. Così finiva l’esistenza terrena di un patriarca che aveva retto per cinquant’anni una delle Chiese più importanti del Medio Oriente.
L’omicidio scosse una Chiesa che sembrava tornata indietro alle epoche buie della Prima Guerra Mondiale. Un assassinio scioccante che ebbe conseguenze importanti. In primis l’abolizione dell’ereditarietà della carica e poi lo spostamento dell’asse della Chiesa Assira d’Oriente dagli Stati Uniti ai luoghi d’origine. Una sorta di ritorno al passato che permise ai patriarchi successori di Mar Eshai Shimun di ricompattare le file sparigliate dal gesto criminoso di Malik Ismail. Quest’ultimo fu mandato a processo dove si dimostrò parecchio confuso nella ricostruzione dell’assassinio. Venne condannato per omicidio di primo grado, ma dopo dodici anni era già fuori dal carcere sfruttando una supposta disabilità mentale che fu considerata un’invenzione da molti membri della comunità assira. Ismail è morto il 21 aprile 2019. In molti provarono a contattarlo per ottenere notizie sull’omicidio, ma rifiutò sempre di parlarne. Il libro che doveva pubblicare non venne mai scritto. Così alcune domande restano senza risposta. Chi gli vendette la pistola? Andò davvero senza ragioni dal patriarca? Chi nei mesi precedenti telefonava al patriarca anonimamente? Rimane il fatto che l’assassinio di Mar Eshai Shimun fu un evento traumatico per la piccola ma unita comunità assira e il 6 novembre 1975 resta una data che tutti i fedeli della Chiesa Assira d’Oriente ricordano con dolore.