logo Spazio70

Benvenuto sul nuovo sito di Spazio 70

Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
Buona lettura e non dimenticare di iscriverti sulla «newsletter» posta alla base del sito. Lasciando un tuo recapito mail avrai la possibilità di essere costantemente informato sulle novità di questo sito e i progetti editoriali di Spazio 70.

Buona Navigazione!

Il caso Rudolfine Steindling: il mistero dei 130 milioni spariti della RDT

Redazione Spazio70

Conosciuta come «Rote Fini», Steindling divenne la custode occulta di ingenti fondi della SED. Attraverso la Novum GmbH, società di facciata con sede a Vienna, dirottò milioni di marchi su conti svizzeri, lontano dal controllo pubblico. Dopo la caduta del Muro, la scomparsa dei fondi generò un caso internazionale tra politica, banche e tribunali. La sua vicenda resta un simbolo degli irrisolti «dossier» finanziari della Germania dell’Est

di Gianluca Falanga

La dissoluzione della Repubblica Democratica Tedesca (RDT) e la conseguente riunificazione tedesca hanno sollevato numerosi interrogativi giuridici, politici ed economici, in particolare in merito alla gestione del patrimonio della Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED), il partito-Stato che governava la RDT. La figura di Rudolfine Steindling è senza dubbio uno dei casi più emblematici della complessità di quel passaggio storico. Imprenditrice austriaca legata, attraverso il Partico comunista austriaco (KPÖ), a reti finanziarie est-europee, Steindling fu
protagonista della controversa gestione di una parte rilevante dei fondi della SED e ebbe un ruolo nel contesto della dissoluzione dello Stato tedesco-orientale dopo la caduta del Muro di Berlino nonché nelle dinamiche riguardanti le strutture finanziarie parallele e clandestine del regime comunista, al centro di un dibattito che resta tutt’oggi ancora aperto sulla destinazione di fondi pubblici scomparsi.

«FINI LA ROSSA» E LA NOVUM GMBH

Rudolfine Steindling

Nata nel 1934, Rudolfine Eckel cominciò la sua carriera nel dopoguerra come contabile presso la filiale viennese della Central Wechsel- und Creditbank ungherese. In quel contesto conobbe il suo futuro marito Adolf «Dolly» Steindling, ebreo austriaco sopravvissuto alla Shoah e attivo nella Resistenza francese, che divenne in seguito direttore generale della banca a partire dal 1974. Nel 1966, Rudolfine Steindling lasciò l’ambiente bancario per iniziare la sua ascesa all’interno della struttura economica del KPÖ, di cui fu membro per un decennio, dal 1959 al 1969. La sua attività proseguì anche dopo la sua uscita dal partito, gestendo in qualità di fiduciaria con sede a Kohlmarkt, al centro di Vienna, non solo il patrimonio dei comunisti austriaci, ma anche fondi provenienti dalla RDT. Pur mantenendo un’identità ideologica di stampo socialista, Steindling, soprannominata Rote Fini (Fini la rossa), operava come fiduciaria e intermediaria finanziaria di entità legate alla SED.

Per questa via si inserì in un contesto di opaca commistione tra apparati statali, economici e di partito dello Stato tedesco-orientale. Nella sua rete di contatti vi erano esponenti dell’alta
nomenclatura della Germania orientale oltre che rappresentanti del mondo economico e finanziario austriaco e svizzero. Ciò le consentì di diventare un modo strategico nella gestione discreta e transnazionale di grossi capitali politici. Nel 1973, Steindling assunse la direzione, diventandone prima fiduciaria e poi proprietaria di fatto, della Novum GmbH, società di diritto austriaco fondata nel 1951 per facilitare il commercio estero della RDT e aggirare restrizioni valutarie e commerciali imposte alla Germania orientale.

Attraverso la Novum, la RDT effettuava operazioni commerciali con aziende occidentali (fra queste Bosch, Steyr-Daimler-Puch e Ciba-Geigy), accumulando capitali in valuta forte su conti bancari esteri, prevalentemente in Austria e Svizzera. Nel corso degli anni Ottanta, la Novum fungeva da strumento para-statale per generare e conservare risorse finanziarie al di fuori del controllo diretto dello Stato. Alla vigilia della riunificazione tedesca, la società disponeva di attivi stimati tra i 400 e i 500 milioni di marchi tedeschi occidentali.

LA DISSOLUZIONE DELLA RDT, LA CAUSA NOVUM E IL MISTERO DEI FONDI SCOMPARSI

Con la caduta del Muro di Berlino e il rapido smantellamento dello Stato tedesco-orientale, venne istituita nel 1992 la Bundesanstalt für vereinigungsbedingte Sonderaufgaben (BvS), ente statale della Repubblica federale tedesca incaricato di gestire il patrimonio economico pubblico della RDT. La BvS aprì un contenzioso con Rudolfine Steindling che si concentrò sul riconoscimento della legittima titolarità della Novum GmbH: mentre Steindling sosteneva che la società fosse proprietà del KPÖ, la BvS rivendicava il diritto dello Stato tedesco riunificato sui beni della Novum, considerati parte del patrimonio statale della Germania orientale. Dopo alterne vicende giudiziarie, nel 2003 il Tribunale di Berlino diede ragione alla BvS, di conseguenza la Corte amministrativa federale tedesca sancì nel 2004 in via definitiva che la Novum era stata di fatto una struttura operativa della SED. Nel frattempo, tuttavia, Steindling aveva già disposto il trasferimento della maggior parte dei fondi della Novum verso conti in Svizzera.

Tra il 1991 e il 1992, vennero effettuati numerosi movimenti bancari, in parte in contanti, attraverso la Bank Austria e la Cantrade Bank. Una parte significativa dei fondi, pari a circa 130 milioni di euro, non fu mai localizzata. Tali operazioni sollevarono interrogativi sia in merito alla trasparenza delle banche coinvolte sia riguardo alla responsabilità personale di Steindling come fiduciaria. Nel 2012, la Corte cantonale di Zurigo condannò la Bank Austria alla restituzione di 128 milioni di euro alla Germania; sentenza confermata nel 2013 dal Tribunale federale svizzero. Nel 2019, la banca Julius Bär (ex Cantrade) fu a sua volta condannata a versare 88 milioni di euro di risarcimento.

RETI FINANZIARIE PARALLELE E STRUTTURA DEL POTERE ECONOMICO DELLA SED

Il caso Novum fece emergere l’esistenza di reti finanziarie parallele che la SED aveva costruito per proteggere i propri fondi dall’instabilità del regime e per garantirsi una continuità economica anche dopo un eventuale cambio di sistema. Queste reti comprendevano banche fiduciarie, aziende di facciata, prestanome, ed erano strutturate in modo da eludere controlli pubblici, sia quelli interni della RDT sia quelli esterni. La figura di Steindling si inserisce perfettamente in questo contesto: un soggetto esterno allo Stato tedesco-orientale, ma perfettamente integrato nelle sue logiche operative. Il suo stile di vita opulento (pellicce, viaggi esclusivi, marche di lusso) contrastava nettamente con i valori del socialismo, aspetto che alimentò ulteriormente critiche e sospetti sulla natura dei fondi gestiti. A più di trent’anni dalla riunificazione, il caso Steindling rappresenta uno degli esempi più significativi della difficoltà nel tracciare e recuperare il patrimonio occulto degli Stati socialisti collassati con la fine della Guerra fredda.

La gestione fiduciaria di fondi statali da parte di privati legati ai partiti rappresenta un nodo irrisolto non solo sul piano giuridico, ma anche su quello etico e storico. La vicenda solleva infatti questioni piuttosto delicate, per esempio quale sia la responsabilità legale di chi gestisce beni pubblici in sistemi politici non democratici e come Stati democratici e la comunità internazionale possano affrontare fenomeni di dissoluzione patrimoniale di Stati falliti o che cessano di esistere. Rudolfine Steindling morì nel 2012 a Tel Aviv senza mai chiarire il destino dei fondi spariti. La mancata tracciabilità di circa 130 milioni di euro riconducibili al patrimonio della SED costituisce un nodo irrisolto nell’ambito della ricostruzione patrimoniale post-riunificazione tedesca e si configura come oggetto di rilevante interesse per l’indagine scientifica interdisciplinare nei settori della storiografia istituzionale, del diritto pubblico comparato e dell’economia delle transizioni politiche.