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L’ombra lunga di Alois Brunner. Come Gehlen e il BND protessero il braccio destro di Eichmann

Redazione Spazio70

Nell'autunno 1942, Brunner fu trasferito a Berlino per implementare le procedure di internamento. Ideatore di un suo «modello operativo» per le deportazioni, perfezionò la gestione dei lager e partecipò alle torture per ottenere informazioni sugli ebrei nascosti, arricchendosi con i beni sottratti alle vittime

di Gianluca Falanga

Come ci raccontano i documenti usciti negli ultimi anni dagli archivi del BND, il Servizio informazioni della Repubblica federale tedesca, una delle attività che maggiormente impegnarono gli agenti dell’Organizzazione Gehlen (dal 1956 BND) fu quella di proteggere sé stessi, i loro ex camerati e i politici di riferimento dell’establishment conservatore dalle indagini della magistratura e dalle inchieste giornalistiche sul loro passato. La cosa non può sorprendere, se si tiene conto del fatto che lo stato maggiore del Servizio si componeva interamente di reduci dell’apparato informativo della Wehrmacht, e che ancora alla metà degli anni Sessanta, almeno il 20% del personale proveniva dagli organi del terrore nazista (Gestapo, SD, Geheime Feldpolizei), vale a dire i carnefici diretti dei numerosi infami crimini perpetrati dal Terzo Reich.

Un esempio eccellente della poco edificante attività di insabbiamento della verità e di complicità della prima agenzia d’intelligence del governo di Bonn coi peggiori criminali di guerra, che assorbì notevoli risorse operative anche oltre il pensionamento del fondatore del Servizio, Reinhard Gehlen, è rappresentato dal «caso Globke». Capo dell’Ufficio della Cancelleria con delega alla supervisione degli apparati informativi e di sicurezza della Repubblica, il giurista Hans Globke fu l’eminenza grigia che contribuì a plasmare la struttura istituzionale dello Stato tedesco-occidentale e il suo allineamento agli Stati Uniti, una figura centrale per lo sviluppo delle politiche anticomuniste di Bonn a livello nazionale e internazionale nonché gestore dei rapporti del governo tedesco-occidentale con la comunità dei Servizi segreti occidentali e la NATO.

Il più influente funzionario pubblico dell’era Adenauer rappresentava però anche l’incarnazione vivente della continuità delle élite amministrative del Terzo Reich nella classe dirigente del nuovo Stato. Uscito indenne dalla denazificazione perché non iscritto al Partito nazionalsocialista, era stato dirigente ministeriale al dicastero degli Interni nazista e, da esperto di «questioni ebraiche», autore dei commentari applicativi delle leggi di Norimberga, alla cui stesura aveva partecipato non da fanatico nazista, quale non era, bensì da «tecnico», uno zelante burocrate che non esitò a mettere al servizio del regime hitleriano le proprie competenze professionali.

IL PROCESSO EICHMANN E L’OPERAZIONE «GLEISDREIECK»

Hans Globke in una foto dei primi anni Sessanta (fonte: Archivio federale tedesco)

Sin dall’immediato dopoguerra, il passato ingombrante del più stretto confidente del Cancelliere offuscò l’immagine delle istituzioni repubblicane, scatenando polemiche, accesi dibattiti parlamentari e attirando critiche anche dall’estero. La Repubblica federale prestò il fianco alla propaganda di Stato del regime comunista della Germania orientale, interessato a dimostrare il «carattere protonazista» del regime di Bonn per presentarsi al mondo come la Germania migliore. Ma, cosa ancora più grave, si costrinse ripetutamente il governo (e in alcuni frangenti persino gli americani) a proteggere Globke con vergognosi interventi d’intralcio alla giustizia e per silenziare la stampa.

Lo strumento prediletto di tali interventi fu proprio l’Organizzazione Gehlen/BND, il quale, in virtù del rapporto simbiotico instauratosi fra Globke e Gehlen a garanzia del potere di Adenauer e per il ruolo svolto dal primo di supervisore della controversa politica del personale adottata dal secondo, divenne una sorta di scudo politico contro gli attacchi che arrivavano dall’opposizione e dall’estero. Il Servizio che doveva operare all’estero fu impropriamente utilizzato per spiare e discreditare politici e partiti di opposizione, oltre che per recuperare e neutralizzare documenti potenzialmente scomodi e incriminanti per esponenti dell’establishment di governo come Globke.

Paradigmatica, in questo senso, fu l’Operazione «Gleisdreieck», lanciata dal BND nel 1960, subito dopo la cattura a sorpresa di Adolf Eichmann, sequestrato in Argentina dal Mossad, con l’obiettivo di impedire che al processo contro il criminale nazista celebrato l’anno successivo a Gerusalemme venisse fatto il nome di Globke quale funzionario corresponsabile della persecuzione degli ebrei. Mentre sul versante orientale della Cortina di ferro, la Stasi, il servizio segreto del regime di Berlino Est, dava la caccia a documenti che provassero un collegamento diretto di Globke a Eichmann, il BND, attraverso il legale difensore di Eichmann, Robert Servatius, e i finanziatori della difesa, il banchiere svizzero François Genoud e l’ex collaboratore di Goebbels, Hans-Joachim Rechenberg, cercò di indirizzare la strategia difensiva nell’interesse del governo Adenauer.

Nel corso dell’operazione, che andò infine a buon esito (Globke rimase fuori dal processo Eichmann), a complicare le cose intervenne la notizia che uno dei principali collaboratori di Eichmann, Alois Brunner, meditava di testimoniare in difesa di Eichmann e Globke. Temendo che potesse venire alla luce il coinvolgimento di Globke (dalla CIA considerato probabile) nella deportazione di circa 20.000 ebrei greci nel 1943, la direzione del BND decise di contattare Brunner, evidentemente sapendo dove trovarlo: almeno dal 1954 Gehlen sapeva che il braccio destro di Eichmann ovvero uno dei principali artefici materiali della Shoah ancora in vita soggiornava sotto la falsa identità di Georg Fischer a Damasco. Il BND valutò inizialmente l’opportunità di istruire Brunner per una deposizione a discarico di Globke, ma si preferì infine blindarne il silenzio, vale a dire cedendo alle richieste di Brunner fornendogli danaro e un passaporto nuovo in cambio dell’assicurazione di tenersi lontano dal processo.

La documentazione dell’Operazione «Gleisdreieck» doveva essere tanto delicata da indurre il BND a farla in seguito distruggere in buona parte. Risulta che, nel 1987, il Servizio conservava ancora molto materiale sul conto di Brunner relativo agli anni 1957-1964, per la precisione 581 pagine microfilmate. Nel 1994, Pullach (quartier generale del BND in Baviera) informò la Cancelleria di disporre di documenti sul collaboratore di Eichmann, ma appena pochi giorni dopo il materiale venne ingiustificatamente e irregolarmente cassato.

Evidentemente, si doveva intervenire con urgenza a nascondere qualcosa che ancora nel 1994 poteva creare imbarazzo o problemi. Cosa esattamente? Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Ma chi era Alois Brunner e che genere di rapporti ebbe con il BND? Che cosa ci dicono in proposito i documenti rimasti negli archivi del Servizio tedesco?

LO SPECIALISTA DELLE DEPORTAZIONI A DAMASCO, PROTETTO DA GEHLEN

Alois Brunner

Brunner si era guadagnato sul campo la «fama» di specialista delle deportazioni, l’uomo di Eichmann che veniva mandato a rimuovere gli ostacoli di ordine organizzativo quando i trasferimenti nei lager di sterminio dovevano essere avviati o non procedevano abbastanza celermente. Classe 1912, originario del Burgenland, regione dell’allora Ungheria occidentale abitata prevalentemente da tedeschi, Brunner aveva aderito nel 1931 al NSDAP, arruolandosi contemporaneamente anche nelle SA. Nel 1933, dopo il divieto del partito
nazista in Austria, si era trasferito in Germania ed era entrato nella Legione austriaca, strumento di Hitler per fare la guerra al regime del Cancelliere Engelbert Dollfuss.

Riuscito l’Anschluss nel 1938, era stato assegnato all’Ufficio centrale per l’emigrazione ebraica a Vienna, presso il quale prima come diretto collaboratore di Eichmann, poi come capo dell’Ufficio (quando Eichmann era stato richiamato a Berlino), aveva organizzato l’esproprio degli ebrei austriaci per costringerli all’emigrazione e, dall’ottobre 1939, le deportazioni nei lager in Polonia. Nell’autunno 1942, partito da Vienna l’ultimo convoglio carico di ebrei, Brunner si era spostato a Berlino per «efficientare» procedure e infrastruttura di internamento degli ebrei della capitale, incarico svolto fino alla fine di gennaio 1943. In seguito, aveva approfittato dell’esperienza raccolta a Berlino per farne un modello «operativo» applicabile altrove. Oltre ad approntare il cosiddetto «sistema Brunner» per implementare deportazioni e gestione dei lager, aveva perfezionato la macchina di morte, partecipando direttamente alle torture per ottenere informazioni sugli ebrei che si nascondevano e arricchendosi personalmente col patrimonio sottratto alle vittime.

Nel 1943, a Salonicco, in soli due mesi e mezzo aveva fatto deportare nei lager di sterminio 45.000 dei circa 50.000 ebrei della più grande comunità sefardita d’Europa. Poi era passato in Francia, prima a Parigi e poi nel sud dopo la partenza delle truppe italiane, organizzando la deportazione di almeno 23.500 ebrei. La sua ultima stazione era stata la Slovacchia, dove in soli sei mesi fino alla fine di marzo 1945 era riuscito a fare deportare circa 14.000 ebrei e a farne assassinare direttamente un altro migliaio, lasciando Bratislava a quattro giorni dall’arrivo dell’Armata rossa.

In fuga, fatto prigioniero dai partigiani cechi in Boemia e consegnato agli americani, riuscì a non farsi riconoscere. Dopo un secondo breve internamento in Austria, tornato in libertà si spostò ad Amburgo e poi a Essen, rimanendoci fino al 1954. A seguito di una condanna a morte per crimini contro l’umanità comminatagli in contumacia da un tribunale francese, si vide costretto a lasciare l’Europa. Da Amsterdam volò al Cairo, dove il Gran Muftì Husseini gli consigliò di recarsi a Damasco offrendogli l’incarico di dare vita insieme ad altri veterani del SD, il servizio segreto delle SS, a una cellula spionistica che operasse per l’intelligence militare siriana.

Coi soldi e le istruzioni del Muftì, Brunner si recò a Roma per incontrare uno degli agenti coi quali doveva lavorare. Nell’operazione era coinvolto anche un funzionario del BND, Wilhelm Beisner, circostanza che induce a ritenere probabile un ruolo di Gehlen nell’operazione a sostegno degli eserciti arabi contro Israele. Comunque sia, dal 1954 Brunner si stabilì in Siria, paese che nel febbraio 1958 si unì con l’Egitto costituendo la Repubblica araba unita. Stando ai documenti del BND (che in parte confermano quelli già noti della CIA), a Damasco Brunner si mise in società con il bancarottiere tedesco Karl-Heinz Spaeth e Franz Rademacher, altro «esperto» di questioni ebraiche, che aveva operato presso il Ministero degli Esteri nazista.

In guerra, Spaeth era stato paracadutista dal 1941 al 1945, negli anni Cinquanta lavorò per un’agenzia d’intelligence statunitense. Per un periodo giornalista, subì una condanna per truffa nel 1957 e sotto la minaccia di una seconda condanna per traffici illegali fuggì a Damasco, dove era già stato in passato per affari. Documenti del BND confermano che con Brunner intrattenne stretti rapporti di amicizia fino al 1961.

Rademacher, invece, era stato uno dei padri del progetto di deportare 4 milioni di ebrei tedeschi in Madagascar, sviluppato nell’estate 1940 e poi abbandonato. Aveva partecipato anche alla famigerata conferenza di Wannsee nel gennaio 1942 per conto del Ministero degli Esteri. Condannato nel marzo 1952, aveva scontato solo pochi mesi di carcere e nell’estate dello stesso anno, appena rilasciato, era fuggito anche lui in Siria, dove si era messo immediatamente in contatto con altri tedeschi, guadagnandosi come altri la fiducia delle autorità siriane collaborando coi Servizi.

Pur sapendo esattamente dove si trovava, il BND non informò la giustizia tedesca. Sia Rademacher che Brunner erano ricercati con mandato d’arresto internazionale e il tribunale di Karlsruhe aveva inoltrato domanda di estradizione al Cairo.

NAZISTI IN FUGA, TRAFFICANTI DI ARMI E CONFIDENTI DEI SERVIZI. LA «RETE BEISNER»

Reinhard Gehlen

Con l’aiuto di Spaeth e Rademacher e con il sostegno dell’addetto commerciale dell’ambasciata tedesca a Damasco, Brunner cercò di affermarsi in Siria come uomo d’affari e rappresentante in Medio Oriente per conto di varie aziende tedesche. Ricevette appoggio anche dall’ambasciata tedesca a Beirut, dove nel 1958 era ambasciatore l’ex nazista Walter Hellenthal, poi incriminato dalla Procura di Monaco per crimini di guerra in Francia. Brunner fondò la ditta di import-export Kathar Office, che fungeva da base d’appoggio clandestina per nazisti e collaborazionisti francesi in fuga dall’Europa. Lavorò anche per la ditta farmaceutica araba Thameco e per la OTRACO (Orient Trading Company), coinvolta nel contrabbando di armi sovietiche destinate al Fronte di liberazione nazionale algerino e gestita da dirigenti del Sozialistische Reichspartei, partito neonazista tedesco vietato nel 1952. Uno di questi era Ernst-Wilhelm Springer, nella Seconda guerra mondiale addestratore di volontari arabi per la Legione Arabia libera, alleata della Wehrmacht. L’ufficio OTRACO al Cairo era invece diretto da Wilhelm Beisner, uomo del BND, che faceva anche da contatto fra Springer e gli algerini.

Attraverso gli agenti del BND Beisner e Karl Lauterbacher (ex Gauleiter di Hannover, al centro della ratline vaticana verso America latina e Medio Oriente per conto di vari Servizi segreti), il BND riusciva a monitorare il gruppo intorno a Brunner e il coinvolgimento di quest’ultimo in traffici di armi, senza intervenire. Lo stesso facevano, nella seconda metà degli anni Cinquanta, le agenzie americane CIA e CIC. Tutte le leggende in circolazione da anni, che hanno rappresentato Brunner come agente di Gehlen in Egitto e Siria e consigliere di Nasser, addirittura organizzatore insieme a Otto Skorzeny del Servizio segreto egiziano o istruttore in metodi di tortura della polizia segreta del dittatore siriano Hafiz al-Assad, sono smentite dai documenti desecretati del BND, per il quale Brunner non fu mai né collaboratore né agente e tanto meno caporete.

La commissione di storici tedeschi incaricata nel 2011 dal governo tedesco di studiare le carte e scrivere la storia dell’Organizzazione Gehlen ritiene che si tratti di fantasie inventate e diffuse dall’ex agente della CIA Miles Copeland e dallo storico britannico, negazionista dell’Olocausto, David Irving, che manipolò «arricchendole» le memorie di Gehlen, traducendole per l’edizione inglese. È tuttavia un fatto incontestabile che il BND protesse Brunner e non lo consegnò alla magistratura, e lo stesso fecero gli americani, dopo avere appreso anche loro della sua permanenza in Siria alla fine degli anni Cinquanta.

Quanto alla collaborazione coi Servizi arabi, sia Brunner che Rademacher non furono dei veri agenti bensì semplici informatori (e anche di basso rango!) degli organi di polizia segreta sotto la direzione del Ministero dell’Interno della Repubblica araba unita. I documenti del BND attestano una loro amicizia col segretario di Stato siriano Mamdouh Midani, al quale facevano pervenire informative su vari elementi della comunità tedesca in Siria. Del ruolo di addestratore alla tortura svolto da Brunner in Siria sotto il regime di Assad padre non vi è alcuna traccia nei documenti del Servizio tedesco.

Se anche non fu ingaggiato dal BND, Brunner era circondato da uomini del BND, con taluni dei quali intrattenne rapporti privati oltre che di affari. Tutti questi soggetti si muovevano nel milieu di esuli nazisti, trafficanti di armi e confidenti dei Servizi (alcuni erano tutti e tre le cose insieme) in Siria ed Egitto, formatosi nel secondo dopoguerra. Brunner era insomma inserito in una rete, gestita dai già citati Beisner e Lauterbacher e della quali facevano parte figure interessanti come gli ex Waffen-SS Gerhard Mertins ed Erich Olbrück, ma anche l’ex agente del SD Hans Merz. Quest’ultimo operò come imprenditore in Siria, Iraq e Arabia saudita, ma ebbe rapporti d’affari anche coi Paesi del blocco sovietico.

L’ex maggiore delle SS Olbrück fu invece agente del BND dal 1955 al 1971 col nome in codice «Heinrich Allmann». Il più prominente dei tre era però indubbiamente Mertins: paracadutista pluridecorato, fece parte del commando SS che al comando di Otto Skorzeny liberò Mussolini dalla prigione del Gran Sasso nel settembre 1943. Consigliere militare dell’esercito egiziano dal 1951 al 1955 e confidente di svariati Servizi segreti occidentali, nel 1963 fondò in Svizzera insieme a Skorzeny la società Merex AG, specializzata in esportazione di armi per conto del Servizio iraniano SAVAK e del BND, di cui fu collaboratore col nome in codice «Uranus» dal 1956.

Uno dei maggiori trafficanti d’armi internazionali del periodo della Guerra fredda, Mertins fu intimo del regime cileno di Pinochet, amico personale del capo della feroce polizia segreta DINA Manuel Contreras, nonché sostenitore della famigerata Colonia Dignidad. Della «rete Beisner» era a conoscenza anche la CIA, ma i documenti del BND dimostrano che il Servizio americano errò nel giudicarla una vera cellula clandestina di Gehlen: ciascuno degli elementi di questo consorzio intrattenne contatti e rapporti con Pullach, ma a quanto risulta ciascuno singolarmente, per conto suo.

FINO ALLA MORTE ORGOGLIOSO DI AVERE CONTRIBUITO ALLA SHOAH

Alois Brunner, fotografato a metà anni Ottanta

L’opinione pubblica internazionale apprese del sospetto che Alois Brunner potesse nascondersi a Damasco sotto falsa identità solo nel 1960. Quell’anno, rientrò in Germania Karl-Heinz Spaeth, che interessato a ricevere protezione e impunità, offrì la propria collaborazione al Bundeskriminalamt. Per controllarne le rivelazioni, Spaeth fu immediatamente messo a libro paga dal BND. Contemporaneamente, nel giugno 1960, il procuratore di Francoforte Fritz Bauer aprì un fascicolo d’indagine contro Globke per la deportazione degli ebrei greci. Il magistrato aveva avuto un ruolo determinante nella cattura di Eichmann in Argentina, informando il governo israeliano (perché non si fidava della polizia tedesca) circa il luogo di residenza del criminale nazista a Buenos Aires, appreso da un ex ebreo deportato suo amico. La figlia di quest’ultimo aveva casualmente conosciuto il primogenito di Eichmann, Klaus, allora diciassettenne.

Bauer si era anche adoperato, ma invano, perché il proprio governo facesse domanda di estradizione per processare Eichmann in Germania. Adenauer si era opposto. Terminato il processo Eichmann a Gerusalemme, così risulta dai documenti del BND, l’interesse del Servizio tedesco per il criminale austriaco si esaurì. La competenza per l’inchiesta contro Globke aperta a Francoforte fu passata alla Procura di Bonn nel maggio 1961 per effetto dell’intervento del Cancelliere Adenauer. Poco dopo l’indagine si arenò e fu rapidamente archiviata per mancanza di sufficienti elementi probatori, nonostante le dichiarazioni dell’ex capitano della Wehrmacht Max Merten, nel 1943 ufficiale amministrativo a Salonicco, incriminassero pesantemente Globke, accusandolo di avere autorizzato la deportazione per conto del Ministero dell’Interno.

Alois Brunner subì nel settembre 1961 il primo di due attentati esplosivi del Mossad (il secondo nel 1980), cui sopravvisse rimanendo ferito, perdendo un occhio e diverse dita delle mani. Nonostante i ripetuti colpi di Stato in Siria, le autorità siriane continuarono a proteggerlo, negando sempre che si trovasse a Damasco fino alla sua morte, avvenuta presumibilmente nel 2001 o al più tardi nel 2010. Un tribunale di Vienna lo ha dichiarato ufficialmente deceduto nel febbraio 2021. In un’intervista concessa a un giornalista tedesco nel 1985 Brunner si vantò di avere dato il proprio contributo alla Shoah, dichiarandosi ancora orgoglioso del suo operato.